martedì 6 dicembre 2016

La prima esperienza anale di Elena.


   Ero in casa da sola. Mia madre era al negozio e mio padre era andato a licenziarsi. Sì, aveva deciso di lasciare il posto da chef al centro termale. Il fatto di dover stare via per giorni e giorni aveva portato un po' di instabilità nel rapporto con mia madre, e così aveva preso una decisione drastica. Licenziarsi. E coi soldi della liquidazione aveva in mente di aprirsi un’attività e mettersi in proprio, diventare il datore di lavoro di se stesso. Ma non aveva ancora le idee molto chiare.
   In ogni caso ero da sola. Erano le dieci del mattino, e avevo ancora la bocca impastata di sonno. A mezzogiorno dovevo andare sul set cinematografico; forse avevano trovato qualcuno per la parte dell’imperatore, e Berni voleva avere la mia approvazione. Mi ero appena svegliata; ero ancora nuda (il pigiama era una cosa che nella mia famiglia si usava di rado, soltanto quando c’era molto freddo, altrimenti eravamo abituati ad andare a letto nudi). Ero seduta in cucina a fare colazione e a leggere una rivista, quando ad un certo punto suonarono al citofono. Andai a rispondere. Era Elena.
   “Che vuoi? Rocco non c’è” risposi bruscamente.
   “Non è Rocco che cerco, ma te. Posso salire?”.
   “Ok, ma ti avverto che non ho tempo da perdere. A mezzogiorno devo andare via”.
   Andai a mettere qualcosa addosso; non volevo mettere in imbarazzo Elena mostrandomi nuda. Era una ragazza molto suscettibile, e di sicuro vedermi così come mamma mi ha fatta avrebbe messo Elena a disagio. Quindi misi l’unica vestaglia da notte che avevo; me l’aveva regalata un tipo con cui scopavo un paio di anni fa. In effetti nascondeva ben poco, perché era di un tessuto così leggero da essere quasi trasparente. Quindi mi si vedeva comunque figa culo e tette, ma in modo velato.
   E comunque Elena si imbarazzò lo stesso. Indossavo una vestaglia, ma secondo i suoi canoni di giudizio era una vestaglia oscena, una vestaglia che solo una zoccola poteva avere il coraggio di indossare. Ma d’altronde era così che lei mi giudicava, e cioè come una zoccola. Quindi era tutto regolare. Ero una zoccola e quindi indossavo vestiti da zoccola.
   “Che vuoi?” le chiesi bruscamente.
   “Senti, io ho ripensato a quello che mi hai detto” mi disse. “E credo che in fin dei conti tu non abbia torto. Forse dovrei davvero dare a Rocco una dimostrazione d’amore”.
   “Io non ho parlato di dimostrazioni d’amore, ho detto che sarebbe il caso che tu gli conceda il condotto anale, dal momento che della patatina non ne vuoi sentir parlare”.
   “Sì, ho capito. È che io non sono come te. Io preferisco chiamarla dimostrazione d’amore”.
   “Siamo proprio diverse. Tu la chiami dimostrazione d’amore, e io lo chiamo dare via il culo. E comunque cosa vuoi da me? Vieni al dunque”.
   “Beh, io non so proprio come comportarmi. Siccome tu hai molta esperienza in queste cose…”.
   “Ecco, ci risiamo” non la feci nemmeno finire di parlare. “Mi ridai di nuovo della puttana. Siccome ho esperienza nel sesso anale allora tu ti arroghi il diritto di considerarmi una puttana”.
   “Ma no, Moana! Cosa dici? È che l’hai detto tu stessa che hai dato il tuo lato b a Berni. Quindi certamente potrai darmi qualche consiglio”.
   “Innanzitutto non chiamarlo più lato b, ma buco del culo. E poi se vuoi te la do volentieri una mano, ma se ti metti a frignare smetto”.
   La portai in camera mia e mi tolsi la camicia da notte rimanendo nuda di fronte a lei, la quale subito si mise le mani sugli occhi e si girò dall’altra parte per il forte imbarazzo.
   “Ma cosa fai?” mi chiese.
   “Lo vuoi o no il mio aiuto? E allora spogliati anche tu e fai come ti dico”.
   A quel punto Elena si fece coraggio e si girò di nuovo verso di me, e lentamente iniziò a svestirsi. Rimase in reggiseno e slip. Era la prima volta che la vedevo così, e devo riconoscere che era messa piuttosto bene; aveva delle belle tette, più grandi delle mie, con cui non le sarebbe stato difficile poter fare delle spagnole. Anche di culo non era niente male; aveva un culo soffice, morbido, che ti veniva proprio voglia di prenderlo a sculacciate.
   Era molto in imbarazzo, infatti con le braccia cercava di coprirsi quanto poteva. E quando gli dissi di togliere anche il reggiseno e gli slip spalancò gli occhi dallo stupore. Poi lentamente li tolse, e vidi che sotto aveva proprio un bel cespuglietto incolto. Io se fossi stata in lei gliel’avrei data una bella sfoltita, però non glielo dissi. Poteva andare bene anche così. A certi uomini piaceva anche in quel modo.
   “E allora” le dissi, “cosa provi a stare nuda di fronte ad un’altra persona?”.
   “Non mi sento a mio agio”.
   “Perché? Ti vergogni del tuo corpo, forse?”.
   “No, non è questo, è che…”.
   “È che ti hanno detto che è una cosa che non bisogna fare. Facciamo così, dimentica tutto quello che ti hanno detto e ripartiamo da zero. Girati, fammi vedere come sei fatta dietro”.
   Lei, un po' titubante, si girò dall’altra parte mostrandomi il culo. Era davvero un bel culo sodo, non credevo che dietro quei vestiti da suora ci fosse un corpo così perfetto. Mi avvicinai e cominciai ad accarezzarle le braccia, e con la bocca mi avvicinai al suo collo per baciarglielo delicatamente. Poi con le mani le accarezzai i fianchi e poi i glutei, e con un dito le accarezzai l’orifizio anale.
   “Moana, cosa stai facendo?”.
   “Tranquilla Elena, lasciati andare. Sei troppo tesa. Così non combinerai mai nulla con mio fratello”.
   Continuavo a baciarla sul collo cercando di farla sciogliere, ma era molto nervosa, e quando le toccai le labbra della vagina mi resi conto che era più asciutta di un deserto. Allora iniziai a sgrillettarla con delicatezza e nel frattempo le baciavo la schiena. Ancora nessuna reazione da parte della sua fighetta. Io intanto già c’avevo un lago in mezzo alle gambe, e non riuscivo a comprenderne il motivo; forse era quella situazione che mi eccitava. Non avevo mai avuto un rapporto con una donna. O forse sì, ma comunque mai così spinto. Mi era capitato di fare e ricevere delle carezze, di avere atteggiamenti affettuosi, ma non ero andata mai oltre. Ma nel caso di Elena l’affetto non c’entrava niente; ero eccitata, avevo voglia di farla mia, possederla, e lei me lo lasciava fare. Avevo forse appena scoperto il mio lato bisex? Un aspetto ancora sconosciuto di me. Non credevo di poter trarre piacere dal corpo di un’altra donna. Eppure toccandola e baciandola era proprio quello che stava succedendo. C’avevo un lago in mezzo alle cosce, i miei umori mi colavano nell’interno coscia fino a raggiungere le caviglie. Non avevo mai sbrodolato così tanto.
   A quel punto spinsi Elena verso la mia scrivania e con una mano le piegai il busto verso il basso. Adesso aveva il culo ben aperto e le vedevo l’orifizio anale. Glielo accarezzai con un dito e poi glielo infilai delicatamente dentro, lei si lamentò un po' per il dolore, in effetti ce l’aveva molto stretto. Tirai fuori il dito e me lo misi in bocca per assaporare il profumo del suo retto. Semplicemente paradisiaco. Allora mi inginocchiai e iniziai a leccarglielo e questo non fece che eccitarmi ulteriormente. Il sapore che emanava era un potente afrodisiaco.
   “Moana, ma cosa stai facendo?” mi chiese.
   Ma non le risposi. Ero troppo presa da quello che stavo facendo. Poi ad un certo punto mi alzai e le dissi di non muoversi. Le avevo inumidito e allargato il buchetto per bene, adesso era pronta per passare ai fatti. E allora andai a prendere uno strap-on che avevo nell’armadio. Lo avevo comprato qualche anno prima, con l’intenzione di giocarci con Berni, ma non era mai capitata l’occasione. Lo strap-on era sempre rimasto inutilizzato nel mio armadio, e ora era arrivato il momento di usarlo. Quindi me lo legai intorno alla vita e raggiunsi Elena, gli indirizzai il grosso fallo di gomma verso il suo orifizio anale e glielo spinsi dentro. Lei lanciò un urlo di dolore tale che dovetti tapparle la bocca con una mano, e iniziai a montarmela di brutto.
   “Non urlare, maiala! Vedrai che tra un po' inizierai a prenderci gusto”.
   E infatti dopo una decina di stantuffate aveva smesso di gridare e aveva cominciato a mugolare di piacere. A quel punto le tolsi la mano dalla bocca e l’afferrai per i fianchi con decisione e iniziai a ingropparla senza ritegno. Smisi soltanto quando la vidi accasciarsi sulla scrivania, quasi esanime, quasi come se fosse svenuta. Non rispondeva più ai miei colpi, e un po' mi preoccupai. Non volevo romperle il culo e causarle qualche danno serio al retto, così feci uscire il cazzo di gomma dal suo corpo e la lasciai lì, sulla mia scrivania, senza neppure le forze per potersi rimettere su. Presi un fazzoletto e me lo passai sul palo di gomma dello strap-on, su cui trovai delle tracce delle feci di Elena. Cazzo, ci ero andata giù pesante. Lei cercò di rimettersi in piedi, ma notai che aveva non poche difficoltà.
   “Cazzo Moana, mi hai fatto male” mi disse con un filo di voce. “Non riesco neppure a camminare”.
   “Tranquilla, la prossima volta andrà meglio” le risposi. “Considera che questo strap-on è il doppio del cazzo di Rocco. Quindi con lui non sarà doloroso quanto lo è stato con me. E ora rivestiti, che ti riaccompagno a casa in macchina. Non sei in condizioni per potertene ritornare a piedi”.

Moana.

Nessun commento:

Posta un commento