giovedì 22 dicembre 2016

Orinatoio.


   E adesso eccoci qua, sono in ginocchio davanti all’attore che interpreta l’imperatore. Io sono nuda, ad eccezione dei miei bracciali e dei miei monili, simbolo del mio status di donna romana dell’alta società. Lui indossa una toga e in questo momento ne tiene sollevato un lembo e quindi ha il cazzo in erezione di fuori, puntato contro di me. Ecco, ci siamo, sta iniziando a orinare. Le videocamere sono puntate su di noi, ecco un filo dorato di urina zampillare fuori e colpirmi in pieno viso. Ha cominciato, è come una fontana, sembra non fermarsi più, e io ne vengo interamente investita, mi sento come sotto una cascata calda. Mi guardo intorno; vedo mio padre. È venuto ad assistere all’ultima scena del film. Me l’aveva promesso, aveva detto che mi sarebbe stato vicino anche durante le riprese di questa scena, che obbiettivamente era molto cruda. Ed era chiaro che essendo sua figlia non doveva essere un bello spettacolo per lui vedermi mentre un uomo sulla quarantina mi orinava addosso, dopo avermi penetrata sia analmente che vaginalmente.
   Eccomi trasformata in un orinatoio. Il getto rigoglioso mi piove sul corpo, chiudo gli occhi e alzo la fronte. Sono fradicia. Non vedo l’ora di fare una doccia per togliere via questo schifo. Devo solo aspettare che tutto sia finito. Con gli occhi chiusi adesso è tutto buio, sento solo lo scrosciare del getto, il calore dell’urina sulla pelle, la voce rassicurante di Berni che cerca di tranquillizzarmi: “brava tesoro, stai andando alla grande”.
   Il mio partner, cioè quello che mi sta orinando addosso, è un uomo tarchiato sulla quarantina. Non potevamo fare altrimenti, mi aveva detto Berni, per il ruolo dell’imperatore serviva un uomo sulla quarantina. Non poteva essere altrimenti. Ed eccolo qui, l’uomo tarchiato sulla quarantina, che sta orinando su di me, che ho solo vent’anni e potrei essere sua figlia. Ma lui non se ne frega niente, per lui sono solo una zoccola, e mi merito questo e altro.
   Accidenti quanto dura! Sembra più calda a contatto con i miei capezzoli. E scivola giù, verso il mio ombelico, e poi giù verso l’inguine e le labbra di sotto. Finalmente sento il getto che perde di consistenza, sta finendo, me ne arriva sempre di meno addosso fino a quando non cessa del tutto. A quel punto Berni grida: “Stop! Moana sei stata divina!”. Parte un caldo applauso da parte della troupe ma io ho ancora gli occhi chiusi e non riesco a vedere niente, ma riesco ad alzarmi e a scappare letteralmente verso il mio camerino, e poi dritta sotto la doccia. Apro il getto caldo e ci resto sotto per mezz’ora.
   Il film era finito, o perlomeno erano finite le scene in cui venivo penetrata. Adesso dovevamo girare la scena conclusiva, che non aveva nulla di porno. Il film, come già vi ho detto in precedenza, aveva un finale davvero cruento e infelice. Ricordate la trama del film? Era la storia della moglie di un senatore che viene concessa dal marito a destra e a manca affinchè gli vengano elargite delle concessioni edilizie. Il film finiva che dopo essere stata ceduta anche all’imperatore, la moglie del senatore, viene condannata a morte in quanto accusata di adulterio. Al marito vengono date le concessioni, e la moglie, cioè io, viene condotta al rogo.
   Adesso il film aveva bisogno di un distributore. Questa era la parte più difficile. Ma io non potevo farci nulla. Era infatti una cosa a cui doveva provvedere Berni. Per quanto mi riguarda io avevo bisogno di una vacanza, o comunque di starmene un po' per conto mio. La troupe organizzò una festa per festeggiare la buona riuscita del film, ma io probabilmente non ci sarei andata. Non ne avevo per niente voglia. I giorni che seguirono alle riprese me ne stetti per conto mio a casa. Ogni tanto veniva a trovarmi Berni, mi faceva sua e poi se ne andava. Provò varie volte a invitarmi a uscire, ma io gli dissi sempre che avevo bisogno di starmene per conto mio per qualche giorno, ma che comunque lui poteva venirmi a trovare, e poteva possedermi ogni volta che voleva. Ma per quanto riguarda il mondo esterno, avevo proprio bisogno di prendermi una bella pausa.   
   Non so cosa mi era preso. Avevo cominciato a regredire ad uno stato animale, e non mi premuravo neppure di curare la mia igiene personale. I peli sulle cosce stavano diventando davvero osceni, non mi lavavo i denti da qualche giorno, e i capelli erano scomposti come quelli di una strega, e giravo per casa sempre con la solita tuta da ginnastica, che iniziava a fare una strana puzza di sudore rappreso. Non capivo come facesse Berni ad avere il coraggio di scoparmi ugualmente.
   “Davvero vuoi fare l’amore con me?” gli domandavo quando veniva a trovarmi. “Non vedi le mie condizioni? Faccio schifo”.
   “Moana, ti assicuro che è impossibile che tu faccia schifo”.
   “Hai guardato bene le mie gambe?” e mi tiravo su l’orlo dei pantaloni della tuta. “Sembro una scimmia” gli dicevo mettendo in mostra il mio folto pelo che avevo in quei giorni.
   Ma lui mi diceva che ero porca lo stesso, e allora mi chiavava, e dopo avermi sborrato o in faccia o dentro, se ne andava. Berni in quei giorni si stava dando molto da fare per trovare un distributore per il suo film. Aveva contattato anche delle piattaforme online che avevano sede negli Stati Uniti. Cominciavo a credere che tutto quel lavoro che avevamo fatto era stato inutile, che mi ero fatta pisciare addosso senza motivo.
   Intanto più passavano i giorni e più cominciavo a puzzare come una capra. Mia madre me lo fece notare un giorno a cena. Mi disse che forse era il caso che mi facessi una doccia e cambiassi quella tuta da ginnastica, che ormai era diventata un tutt’uno con la mia pelle.
   “Lasciami in pace, mà” le dissi, “non credo di averne voglia”.
   “Beh, fattela venire questa voglia, perché stai appestando tutta la casa. Nella tua cameretta non ci si può entrare; sembra una tana con la carcassa di un animale morto in decomposizione”.
   Aveva ragione. Non sistemavo la mia camera da giorni e giorni. C’erano tutti i calzini e i perizomi appallottolati e lanciati per terra. C’era il letto invaso dalle cartacce delle caramelle e della cioccolata di cui in quei giorni mi nutrivo. Sotto le lenzuola erano sparse alcune patatine al formaggio che avevano impuzzolentito tutte le lenzuola. Insomma, era un vero inferno. E nonostante questo Berni aveva ancora il coraggio di venirmi a trovare ogni giorno e fare l’amore con me, in mezzo a quella sporcizia, e con tutto il cattivo odore che emanavo. Ma era solo una fase passeggera. Ero sicura che mi sarei ripresa. Forse.

Moana.

1 commento:

  1. Ragazzi e' circa un mese che vi ho trovato e vi leggo. Mi fate mori

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