venerdì 2 dicembre 2016

Un problema da risolvere.


   Obiettivamente mio figlio aveva un problema da risolvere. Non era stato di certo carino da parte sua spiarci mentre io e suo padre facevamo l’amore. Ma se l’aveva fatto è perché c’era qualcosa che non andava. Comunque non raccontai nulla a Stefano; credevo che avrei potuto risolvere quella questione parlando direttamente con Rocco. E infatti quella mattina, prima di ritornare al negozio, dove avrei dovuto riprendere le redini dell’attività, aspettai che mio figlio si svegliasse. Stefano era già andato a lavoro, e anche Moana era uscita. Io ero già pronta per andare al centro commerciale; avevo fatto la doccia, mi ero sistemata i capelli e il trucco e avevo indossato un vestito nero porco ma elegante. Ero pronta per mettermi a lavoro. L’unica cosa che mi tratteneva era appunto il mio dovere di mamma, il fatto che dovevo assolutamente fare due chiacchiere con mio figlio su quanto era accaduto. Perché quanto era accaduto era una faccenda assai preoccupante. Come vi ha già raccontato lui non era la prima volta che ci beccava a fare l’amore, ma il punto è che questa volta l’aveva fatto volontariamente. Non ci aveva beccati questa volta, ma ci aveva volontariamente spiati. E questo era un problema che non potevo ignorare.
   Ma ormai erano le nove e lui ancora non ne voleva sapere di svegliarsi. Così decisi di fare la prepotente e penetrai nella sua camera senza neppure bussare, spalancando la porta e raggiungendo le persiane, che tirai su senza pietà. A quel punto la stanza fu invasa da una luce accecante, e Rocco si mise le mani sulla faccia per proteggersi gli occhi.
   “Mamma! Ma che fai?”.
   “Io e te dobbiamo parlare” mi misi a sedere sul suo letto. Rocco era molto probabilmente nudo sotto le coperte. Era sua abitudine non indossare niente quando si metteva a letto. Devo dire che era un’abitudine che avevamo tutti in famiglia. “Mi dici qual è il tuo problema?”.
   “Di cosa parli, mà?”.
   “Non fare il furbo. Me ne sono accorta che ci spiavi ieri sera, mentre io e tuo padre facevamo l’amore. Perché lo hai fatto?”.
   Rocco sembrava davvero mortificato e non fece niente per discolparsi o per dire che non era vero. Lo sapevamo entrambi che ciò che stavo dicendo era un fatto realmente accaduto. Non mi ero sbagliata. Non avevo visto un fantasma. Era proprio lui. E per giunta si era anche masturbato mentre ci guardava.
   “L’ho fatto perché mi andava di farlo” rispose con un filo di voce.
   “È una cosa che ti eccita guardarci mentre lo facciamo?” gli chiesi con lo stesso tono inquisitorio di prima.
   “Ultimamente mi eccita qualsiasi cosa. Non so cosa mi sta succedendo. Sono completamente in balia del sesso e non riesco a capire per quale motivo”.
   “Io invece lo so bene il motivo” dissi.
   La nostra conversazione, per quanto mi riguarda, poteva dirsi conclusa. Avevo capito dov’era il problema, e adesso bisognava agire. Non sapevo ancora in che modo, ma qualcosa bisognava fare. Il problema era Elena, la fidanzata di Rocco. Se continuava a negargli i suoi buchi mio figlio avrebbe completamente perso la ragione.
   Prima di andarmene vidi che sotto le lenzuola mio figlio aveva un’erezione spaventosa. Così presi un lembo della coperta e la tirai su per guardare meglio. Il suo cazzo era duro come il marmo, e il glande era rosso e lucido come una palla da biliardo. Lo afferrai alla base con una mano e lo tenni dritto contemplandolo per qualche secondo. Dio mio, che donna fortunata che sarebbe stata la futura moglie di mio figlio ad avere un palo di quelle dimensioni tutto per se. Ebbi l’impressione che fosse più grosso di quello del padre, ma forse era solo perché era eretto fino all’inverosimile.
   “Guarda qui che roba!” dissi percorrendolo con la mano in tutta la sua lunghezza. “Se Elena non si decide a darti ciò di cui hai bisogno allora non risolverai mai questo problema”.
    A quel punto mi alzai dal letto e raggiunsi la porta. Mi girai un’ultima volta a guardare Rocco. C’aveva proprio un bel cazzo duro, e Elena non riusciva neppure a rendersi conto di cosa si stava perdendo. Poi uscii di casa e raggiunsi il centro commerciale in macchina. Al negozio venni accolta con molto calore. Le mie commesse mi raccontarono delle cose non proprio carine su Moana. Mi dissero che aveva gestito il negozio in modo tiranno, trattando il personale quasi come una carceriera. Ma adesso che ero ritornata, mi dissero, finalmente sarebbe tornato tutto a com’era prima. 
   Subito mi misi a lavoro e diedi un’occhiata agli ordini della merce e alla contabilità; era tutto a posto. La mia Moana sarà stata anche una tiranna con il personale, ma mi aveva lasciato tutti i conti a posto. Si era data parecchio da fare. Aveva tutte le qualità per diventare una buona imprenditrice. Mia figlia non smetteva mai di sorprendermi. È vero, il giorno prima quando mi aveva detto che stava girando un film porno mi era venuta voglia di riempirla di schiaffi, ma avevo fatto finta di niente. Ma adesso che vedevo quanta dedizione ci aveva messo nella gestione del negozio avrei voluto darle un bel bacio per ringraziarla. La mia piccola Moana.
   Mentre controllavo l’impeccabile lavoro amministrativo che mi aveva fatto, ricevetti un sms da Stefano. Mi chiedeva se mi ricordavo di quando eravamo fidanzati, e per divertirci ci eravamo inventati il gioco dei ruoli, cioè avevamo fatto finta di non conoscerci, e lui era venuto al centro commerciale e aveva cercato di rimorchiarmi. Era stato solo un gioco, tutto qui. Molto divertente, se devo dirla tutta, e anche molto eccitante. Fu molto bello essere rimorchiata, anche se ricordo che gliela feci sudare molto, povero Stefano. Però alla fine gli diedi ciò che voleva. Non ricordo se gli diedi anche il buco del culo, ma di sicuro la fighetta sì. E mi feci fottere praticamente da un estraneo, perché in quel momento Stefano stava fingendo di essere uno che si era invaghito di me e che voleva avermi a tutti i costi. Erano passati molti anni ormai.
   Gli risposi con un sms di sì, e allora lui continuò chiedendomi se mi andava di rifarlo. Caspita, certo che mi andava di rifarlo. Già mi stavo bagnando al solo pensiero. Gli chiesi quando avremmo cominciato, e lui mi rispose che era una sorpresa, che il gioco sarebbe potuto cominciare in qualsiasi momento. Gli chiesi nel frattempo come avrei dovuto comportarmi, e lui mi rispose (sempre tramite sms) di comportarmi come se nulla fosse. Quindi il gioco poteva cominciare tra un’ora come tra una settimana. L’attesa rendeva le cose ancora più eccitanti. Che marito porco che avevo!
   E comunque non dovetti attendere molto. Infatti un’ora dopo il primo messaggio una delle mie commesse mi portò un pacchetto che era appena arrivato tramite corriere espresso. Era un pacchetto di forma cubica, con della carta regalo argentata tutta intorno e un nastrino rosso tutt’intorno. Una confezione molto elegante, non c’è che dire.
   “Cosa sarà?” mi chiese la commessa. “Un altro omaggio di un ammiratore?”.
   “Può darsi” le risposi, ma qualsiasi cosa fosse non volevo aprirla in sua presenza, così le dissi di ritornare a lavoro. E comunque diceva bene, non era la prima volta che mi arrivavano in negozio dei regali da parte di ammiratori; fiori, scatole di cioccolatini, collane, orecchini. Non curanti del fatto che ero sposata, mi inviavano tramite corriere tantissimi regali. Spesso questi omaggi erano accompagnati da dei biglietti con su scritte le intenzioni del mittente nei miei confronti; vorrei ficcartelo nel culo, ho voglia di schizzarti in faccia, mi faccio le seghe pensando a te che mi fai una spagnola, e altre porcate simili. Devo dire che tutte quelle attenzioni non mi dispiacevano. Era bello sapere che c’erano molti uomini che mi desideravano ardentemente. Custodivo gelosamente tutto quello che ricevevo. Molto spesso gli uomini che mi inviavano quelle cose si facevano avanti, con la speranza di poter concretizzare e di venire a letto con me. Altre volte invece il mittente era anonimo e restava anonimo. Come in questo caso. Il pacchetto che mi aveva consegnato la mia commessa era senza mittente. Ma io sapevo bene di chi era. Era da parte di mio marito, il quale voleva farmi credere che non era lui ma un altro dei miei ammiratori.
   Comunque lo aprii e dentro ci trovai un recipiente, di quelli delle urine per intenderci. Lo misi controluce per vedere cosa c’era dentro. Il contenuto era inequivocabile, si trattava di sborra. Lo capii subito dalla densità e dal colore. Era impossibile sbagliarsi. Era un contenitore per le urine con due dita di sborra dentro. Ma non era tutto. C’era anche un messaggio dentro la scatola. C’era scritto: “ti penso continuamente…”.
   Stefano aveva fatto la prima mossa, e quel gioco cominciava ad arraparmi di brutto.

Sabrina.

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