giovedì 24 novembre 2016

Duecento euro, culo e figa.

(in foto: Chary Kiss, Double The Fun, 21Sextury.com)


   A questo punto è giusto che dica due parole anche io, dal momento che i buchi in vendita erano i miei. La storia che Roberto e Carlo hanno cominciato a raccontarvi risale a due anni fa. Se mi stavo vendendo, perché è questo che stavo facendo, era solo per vendicarmi. Avevo appena avuto una discussione con Berni, e lui mi aveva detto che ero una puttana. E allora per dargli una lezione avevo deciso di vendermi al primo che capitava. Duecento euro per culo e figa erano una somma molto modesta. In verità avrei potuto chiedere di più, non vorrei sembrarvi presuntuosa ma credo di valere di più di duecento euro. Ma avevo chiesto quella cifra per due motivi; in parte per venire incontro a Carlo e Roberto, che certamente non erano sceicchi. E poi per rendere la vendetta nei confronti di Berni ancora più amara. Non solo mi vendevo come una puttana, ma lo facevo anche per poco. Mi stavo offrendo sia davanti che dietro per soli duecento euro.
   Quando Carlo e Roberto mi dissero che non avevano quella cifra io li mandai via in malo modo. Ma ero sicura che sarebbero ritornati. Quei due morti di figa non se la sarebbe mai persa un’opportunità del genere: avermi tutta. E quando gli ricapitava? Quindi non dovevo fare altro che aspettarli, incassare i soldi e farmi montare. E finalmente Berni avrebbe avuto la punizione che meritava. E non dovetti aspettare molto, infatti mezz’ora dopo ritornarono. Andai ad aprirgli la porta così come mi avevano lasciata, cioè nuda.
   “Li avete portati i soldi?” gli chiesi bruscamente.
   “Certo, eccoli” Carlo me li diede e io li feci entrare. Li portai in sala da pranzo, pensai che fosse il posto più opportuno dove farlo. Potevo lasciarmi montare sul divano, era piuttosto comodo per farci l’amore. Già l’avevo sperimentato con Berni. E poi c’era una bella luce che entrava dalla portafinestra che dava sul terrazzo. Avremmo potuto farlo anche lì, ma pensai che era meglio non dare spettacolo. I nostri dirimpettai avrebbero potuto vederci. Una volta giunti in sala da pranzo mi misi davanti a loro con i pugni contro i fianchi a fissarli. Erano come imbambolati, come se non sapessero cosa fare o da che parte cominciare.
   “Cosa state aspettando?” chiesi. “Forza, togliete i vestiti e tirate fuori i vostri cazzi”.
   Non se lo fecero ripetere due volte e si spogliarono in fretta e furia, tirarono giù le mutande e le loro erezioni schizzarono fuori, pronte per entrarmi dentro. E neanche a quel punto presero alcuna iniziativa, ma continuarono a fissarmi come se aspettassero da me un cenno a procedere. A quel punto mi avvicinai e gli accarezzai delicatamente le loro erezioni, e fu in quel momento che cominciarono a darsi da fare toccandomi e baciandomi dappertutto. Carlo cominciò a succhiarmi i capezzoli, Roberto invece mi baciava sul collo, nel frattempo con le mani mi accarezzavano un po' il culo e un po' la figa. Erano molto tesi, me ne accorsi dalla loro goffaggine. Quasi come se fosse la prima volta che facevano l’amore. Ma in verità avevano già avuto qualche esperienza con l’altro senso. Era come se fossi io a metterli a disagio, quasi come se avessero aspettato questo momento da anni, e adesso finalmente avevano la possibilità di appropriarsi di ciò che avevano tanto desiderato. Questo loro atteggiamento mi divertì molto e provai nei loro confronti un senso di tenerezza. Dovevano proprio desiderarmi molto, perché non sapevano neppure loro da dove cominciare per trarre piacere dal mio corpo. Era così tanto il desiderio di avermi che non la smettevano più di baciarmi. Ad un certo punto vollero anche baciarmi in bocca a turno, e io li lasciai fare, prima Carlo e poi Roberto. Mentre uno mi baciava in bocca l’altro mi succhiava le tette, e io intanto gli tenevo le loro erezioni dure nelle mani e li masturbavo delicatamente. Poi Roberto fece una cosa che nessun uomo mi aveva mai fatto, e cioè mi alzò un braccio e cominciò a leccarmi le ascelle. La cosa mi stupì e mi divertì molto. Glielo lasciai fare. D’altronde mi avevano dato del denaro in cambio del mio corpo, quindi erano in diritto di fare ciò che volevano di me. Passarono circa venti minuti a leccarmi ogni centimetro del corpo. Erano insaziabili, come se non ne avessero mai abbastanza di me. Avevo la loro saliva dappertutto.
   “Non immagini neppure quanto abbiamo desiderato questo momento” disse Carlo.
   “Lo vedo” risposi divertita. “Chissà quanta voglia avevate di avermi”. 
   “Tantissima” continuò Roberto. “Sapessi quante seghe che ci siamo fatti pensando a te. Eri una specie di idolo per noi. La mitica sorella di Rocco”.
   Quando smisero di baciarmi e leccarmi mi si misero uno davanti e uno dietro. Le loro erezioni premevano contro i miei orifizi, per l’esattezza quella di Carlo (che mi stava dietro) fremeva per entrarmi nel condotto anale, e quella di Roberto era premuta contro la mia vagina. Sentivo le loro aste dure sfregare contro i miei buchi, e intanto mi baciavano. Roberto che mi stava davanti non ne voleva sapere di lasciare la mia bocca, mentre Carlo da dietro mi tempestava di baci il collo e le spalle. Poi sentii il cazzo di Roberto farsi strada dentro le mie labbra di sotto. Il glande entro delicatamente dentro, e la mia fighetta lo risucchiò dentro, e lui lo fece entrare tutto fino alle palle. Poi fu il momento di Carlo; per lui fu un po' più difficile, perché a causa del fatto che eravamo in piedi la penetrazione anale era molto difficile.
   “Non riesco a farlo entrare” mi disse.
   “Dai, ci sei quasi” lo rassicurai, sentivo il glande già per metà dentro. “Lo sento”.
   “Ecco, ci sono!” finalmente il cazzo scivolò dentro e iniziò a salire sempre più su, con non poche difficoltà.
   “Ce l’hai fatta?” gli chiese Roberto.
   “Missione compiuta. È dentro”.
   Ero completamente in balia dei loro cazzi, non riuscivo neppure a muovermi. Ma tanto a quello ci pensavano loro. Devo riconoscere che era una posizione molto scomoda, e credo che lo pensassero anche loro. Ma era così tanta la voglia di avermi che accettarono ben volentieri la scomodità di fottermi in piedi. Poi ad un certo punto il cazzo di Carlo si sfilò dal mio culo.
   “Non ci voleva” disse. “Ci ho messo tanto a farglielo entrare dentro, e adesso devo ricominciare d’accapo”.
   “Aspetta” dissi. “Forse se cambiamo posizione ci riesci meglio. Mettiamoci sul divano”.
   Feci sedere Roberto sul sofà e mi misi a cavalcioni su di lui, facendo scivolare dentro la mia vagina la sua vigorosa erezione. In quel modo Carlo poteva penetrarmi dietro con molta più facilita. E infatti si mise dietro di me e gli bastò semplicemente appoggiare il glande contro il mio orifizio anale e spingere appena il bacino in avanti per farmelo entrare di nuovo.
   “Ecco, vedi? Così è molto più facile” dissi.
   “Hai ragione Moana, così è meglio. Adesso posso montarti il culo con più facilità”.
   Infatti mi afferrò saldamente per i fianchi e iniziò a ingropparmi di brutto. Roberto, da sotto, faceva lo stesso. Stando sotto aveva anche l’opportunità di succhiarmi i capezzoli, e lo faceva in modo ossessivo, come se non ne potesse fare a meno di separare la bocca dalle mie tette. L’unico problema era che si moriva dal caldo. Eravamo tutti e tre zuppi di sudore. Ma il piacere che ne traevamo da quella monta superava di gran lunga l’insofferenza per l’afa di quel giorno. Poi ad un certo punto vollero cambiare i buchi, e allora Carlo si mise dietro per penetrarmi il retto e Roberto si mise sotto per scoparmi davanti. L’unica mia preoccupazione era che se fossero rientrati i miei sarebbe successo un casino. Di solito rientravano alle otto, ma certe volte anche prima. Guardai l’orologio digitale del televisore che segnava le sette. Sarebbero potuti rientrare anche da un momento all’altro. E sicuramente non gli sarebbe piaciuto vedermi in quella posizione, in mezzo a due ragazzi, uno a scoparmi davanti e uno dietro, senza preservativi. Non osai neppure immaginare al casino che sarebbe successo. Per fortuna dopo un po':
   “Dio mio, sto per sborrare!” esultò Roberto.
   “Sì, anche io. È bellissimo!” aggiunse Carlo. “Moana, possiamo venirti in faccia?”.
   “Sì dai, basta che ci sbrighiamo” risposi, ero nel panico perché pensavo alla possibilità che i miei potessero rientrare prima dal lavoro.
   A quel punto mi misi in ginocchio e loro si misero in piedi davanti a me con le loro erezioni puntate contro il mio viso. Il primo a schizzare fu Carlo, uno schizzo lungo che in parte mi arrivò anche sui capelli. Poi venne anche Roberto, con uno schizzo similare, ugualmente lungo e denso. Poi ne seguirono molti altri. Sembrava che non finivano più. Fui anche costretta a chiudere gli occhi, perché schizzarono così tanto che ebbi paura che la sborra potesse finirmi negli occhi.
   “Porca puttana, eravate proprio belli carichi” dissi divertita.
   “Moana, sei stata fantastica” mi disse Carlo strofinandomi il cazzo ancora sgocciolante sulla bocca, e Roberto fece lo stesso, e io glieli leccai e glieli succhiai un po'. “Sei veramente la numero uno. Berni è molto fortunato ad averti”.
   “Sì, beh…” a quel punto mi misi in piedi e mi tolsi un po' di sborra dalla faccia con le mani. “Ora però è meglio che andiate. Non raccontate a nessuno quello che abbiamo fatto oggi, mi raccomando”.
   “Ci mancherebbe altro” rispose Carlo. “Sarà il nostro piccolo segreto”.
   “Benissimo. Sapete dov’è la porta, io vado a fare una doccia. Ciao” baciai entrambi sulle guance e mi avviai verso il bagno. Loro invece si rivestirono e uscirono dall’appartamento. Da quel giorno ogni volta che li rincontravo per strada, oppure ogni volta che venivano a casa per stare con Rocco, fingevamo che non fosse mai successo niente. Ma tutti e tre sapevamo che tra di noi c’era stata un’esperienza davvero piacevole. Loro erano riusciti a esaudire il loro desiderio di avermi, e io ero riuscita a vendicarmi con Berni, il quale quando glielo dissi diede un po' di matto. Però poi ci riappacificammo, e lui mi promise che non mi avrebbe mai più chiamata puttana, ma solo se io gli promettevo che non lo avrei mai più tradito. Lui la sua promessa la mantenne, non mi chiamò più in quel modo orribile. Ma io purtroppo non fui in grado di mantenere la mia.

Moana.

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