martedì 8 novembre 2016

Dentro Mercedes.

(in foto: Angel Eyes, BootyLicious.com)


   Ero sopra di lei, con le gambe larghe e i piedi ben ancorati al letto e il mio cazzo piantato nel suo condotto anale, e la tenevo per i fianchi e me la stavo montando con una notevole energia, anche grazie al fatto che ero già venuto, quindi adesso potevo anche permettermi il lusso di chiavarmela come avrebbe fatto un vero maschio alpha. Mi sentivo padrone della situazione e in grado di andare avanti a oltranza, e lei si lasciava trapanare standosene buona buona e facendomi fare quello che volevo. Tant’è che le diedi una bella sculacciata e mi accorsi che la cosa non le dispiaceva affatto, e allora gliene diedi anche altre.
   “Sai, credo che mi sto innamorando di te” mi disse. “Mi piace come mi stai chiavando”.
   Chiaramente stava fingendo. Chissà a quanti altri clienti aveva detto la stessa cosa. Avevo letto su Internet che quella era una tecnica, si chiamava Girlfriend Experience, e non tutte le escort lo facevano. Essenzialmente serviva a coinvolgere maggiormente il cliente, facendogli provare un’esperienza molto vicina ad una relazione amorosa reale. Devo dire che era una sensazione molto piacevole, ma non ero così stupido da non capire che stava fingendo.
   Ero dentro Mercedes, eppure non sapevo nulla di lei. Non sapevo da quale stato africano provenisse, e non sapevo neppure perché aveva deciso di fare quella vita, cioè di vendere il suo corpo a chiunque avesse a disposizione cento euro da dargli. Avevo tanta voglia di conoscerle queste cose, di fare in modo che la nostra non fosse soltanto una semplice scopata. Sentimenti contrastanti iniziarono a giocarmi brutti scherzi. Forse quello che aveva detto, e cioè che si stava innamorando di me, stava facendo effetto. Stavo cominciando a crederci davvero. Ma perché mi illudevo così? Appena sarei uscito da quella casa, un altro cliente avrebbe fatto con Mercedes quello che stavo facendo io in quel momento, cioè fotterla senza pietà. Magari un cliente più avanti con gli anni di me, magari sulla cinquantina, sposato, con figli a carico, annoiato della vita e stressato dopo una giornata in ufficio. E anche a lui Mercedes avrebbe detto la stessa cosa, e cioè: “credo che mi sto innamorando di te”. Forse lo diceva solo per fare in modo che i suoi clienti tornassero da lei. In ogni modo provai una certa tenerezza per Mercedes, tanto che mi abbassai su di lei a baciarle la schiena e l’abbracciai da dietro, senza però mai smettere di fotterla.
   “Tesoro mio” dissi mosso da compassione, “chissà quanti uomini ti usano come ti sto usando io, come un buco da riempire e nient’altro”.
   “Molti, ma con te è diverso” rispose. “Con te lo faccio perché mi piaci”.
   Fingeva? Me lo diceva solo per una questione di Girlfriend Experience? Non lo so, ma ogni volta che mi diceva una cosa del genere mi scioglievo sempre di più. E alla fine, prima di sborrare, le dissi che non volevo che il nostro rapporto finisse lì, nel momento in cui sarei uscito dal suo retto. Volevo rivederla al più presto. E allora lei mi rispose che sarebbe stata felicissima di rifare quello che avevamo appena fatto. Ma non era questo che intendevo; io non volevo semplicemente rivederla, darle i soldi e incularla come avevo appena fatto. Io volevo di più. Volevo averla completamente, come una fidanzata. Volevo che diventasse la mia fidanzata. L’avrei portata a casa a conoscere i miei, e sono sicuro che sarebbe stata accolta con gioia sia da mia madre che da mio padre, perché era la donna che amavo, anche se sotto aveva il cazzo anche lei e quindi non avrebbe mai potuto dare loro dei nipotini.
   Prima di sborrare feci uscire il cazzo dal retto di Mercedes e mi sfilai il preservativo e iniziai a schizzarle sulla schiena. Lo sperma si mescolò al suo sudore; c’era molto caldo ed eravamo entrambi molto sudati. Ci accasciammo sul letto, io sopra di lei e presi a baciarla dappertutto. Si girò mettendosi a pancia all’aria e allora iniziai a leccarle le tette. Guardai giù e notai che era venuta anche lei, forse mentre la penetravo. Il suo grande attrezzo infatti aveva perso consistenza e fuoriusciva ancora qualche goccia di sborra.
   “Sei venuta anche tu?” le chiesi.
   “Sì amore, sono venuta” mi disse baciandomi le labbra. “In genere non vengo con tutti i clienti, ma solo con quelli bravi. E tu sei stato molto bravo. Mi hai fatta venire”.
   “Mercedes, vuoi essere la mia fidanzata?” le chiesi ingenuamente.
   “Io sono già la tua fidanzata” mi rispose, e a quel punto salii di nuovo sul suo corpo e la baciai e con la lingua cercai la sua.
   Dopo un po' ci rivestimmo e lei mi accompagnò alla porta. La salutai baciandole una guancia e cominciai a scendere le scale. Ero ubriaco d’amore, ma non abbastanza soddisfatto. Continuavo a volerla completamente. Avevo voglia di invitarla a cena, di portarla in un ristorante elegante, farla sentire una vera donna, e non uno sborratoio per maiali stanchi della propria vita coniugale.
   Non appena uscii dall’edificio vidi un uomo con un mazzo di fiori in mano; era un signore di mezza età, stempiato e con un fisico decadente. Aveva proprio l’aspetto del classico uomo medio stanco del proprio matrimonio e della propria condizione di subalterno. Stava vicino al citofono in attesa che qualcuno gli rispondesse. Poi ad un certo punto risuonò la voce di Mercedes:
   “Chi è?”.
   “Sono io amore, il tuo papi”.
   “Tesoro, finalmente! Sali che ho proprio tanta voglia di fare l’amore con te”.
   L’uomo, visibilmente su di giri, entrò nell’edificio e si avviò verso l’appartamento di Mercedes, dove avrebbe fatto quello che avevo appena fatto io. E poi dopo di lui probabilmente ce ne sarebbe stato un altro. E poi un altro ancora. Io ero solo uno dei tanti.

Rocco.
  

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