lunedì 31 ottobre 2016

Papà, non mollare.

(in foto: Angela White, Airtight, AngelaWhite.com)


   La coppietta in amore che stava nella camera accanto alla mia ci diede dentro per tutta la notte. Scopavano che era una meraviglia. Sentirli godere era una gioia per le orecchie, ma purtroppo non riuscii a dormire. Le urla di lei erano troppo forti, e le sculacciate di lui erano come saette. Per fortuna verso le quattro del mattino si concessero una pausa e si addormentarono. Erano esausti. E anche io lo ero e quindi mi addormentai. E sognai Moana. C’era soltanto lei, e tutt’intorno era buio, ed era incazzata da morire e sbraitava contro di me dicendomi che ero un marito pietoso.
   “Ma che razza di uomo sei?” urlava. “Si prendono la tua donna e tu non fai niente. Perché invece non provi a tirare fuori le palle, una volta tanto? Riprenditi tua moglie, cretino. È tua. Riportala a casa e dalle una bella lezione. Fottila fino allo sfinimento, falle capire che sei tu il suo uomo, e non quel rastafari. Hai capito papà? Non mollare!”.
   Poi mi svegliai di soprassalto. La coppietta che stava nella camera accanto aveva ricominciato. Erano le sette del mattino e ripensai a quello che mia figlia mi aveva detto in sogno. Dovevo riprendermi mia moglie. Ma come fare? Come potevo competere con un toro come quello? Forse Moana parlava perché non aveva visto com’era messo quello lì. Aveva un corpo da lottatore, con muscoli da tutte le parti e addominali scolpiti che avrebbero fatto perdere la testa ad ogni donna. Poi sentii di nuovo la voce di Moana, come se stessi ancora sognando, ma questa volta lei non c’era, c’era solo la sua voce che diceva: “smettila di farti le seghe mentali e vai a riprenderti ciò che è tuo”. E allora per non sentire più i rimproveri di mia figlia uscii dalla stanza e raggiunsi la macchina. Mi misi alla guida e andai verso il Black Is Better, che però trovai chiuso. Mi avvicinai al chiosco e vidi un cartello con su scritto che oggi era il giorno di chiusura.
   Quindi ritornai in macchina e andai a casa del rastafari, dove due giorni prima avevo assistito alla doppia monta di mia moglie. Fuori al viale della villetta erano parcheggiate due macchine e tre motociclette, e dalla casa proveniva una musica reggae. Pensai subito che doveva esserci una festa, o qualcosa del genere. Sarebbe stato difficile riuscire a spiare dentro con tutta quella gente, ma dovevo farlo per scoprire cosa stava succedendo. Lasciai l’auto poco distante e raggiunsi la casa a piedi. Mi misi a spiare tramite la solita finestra, quella dalla quale avevo assistito alla doppia scopata di Sabri due giorni prima. Stando bene attento a che nessuno si accorgesse di me guardai dentro, e vidi sei uomini, tutti jamaicani come il toro rastafari con cui la mia Sabrina andava a letto, ed erano tutti in mutande e alcuni stavano fumando erba (dal profumo sembrava buonissima) altri invece semplicemente bighellonavano nella stanza. Non vidi però mia moglie, eppure doveva esserci, perché se non era lì allora dove poteva essere? Ma vidi la donna che il giorno prima stava alla cassa dell’african bar, quella con le tette enormi, le treccine e il viso brutto. Lei era l’unica della combriccola ad essere vestita; aveva un lungo vestito che la copriva interamente. Ogni tanto urlava agli altri, nella loro lingua, che io capivo abbastanza bene, di abbassare il volume della musica, altrimenti i vicini avrebbero chiamato la polizia, come già era successo in passato. E in effetti, con tutta quell’erba che circolava per casa, non era un bene se fosse arrivata una pattuglia.
   Notai che la donna, sicuramente più avanti con gli anni rispetto ai sei stalloni, era per loro come una mamma. Non so che tipo di rapporto ci fosse tra lei e loro, ma notai un certo rispetto. Come se in quella casetta funzionasse una sorta di governo matriarcale di cui lei era a capo. Lei gli urlava di abbassare la musica e loro eseguivano; lei chiedeva una sigaretta e subito c’era qualcuno che gliela portava. Insomma, ogni suo desiderio era un ordine. Ma nonostante queste mie riflessioni diciamo di tipo antropologico, ancora non riuscii a vedere mia moglie. Stavo per rassegnarmi e tornarmene alla macchina quando ad un certo punto sentii la sua voce.
   “Bimbi, la mamma è pronta” esultò. Sembrava goffamente allegra e su di giri. Era sulla soglia della porta del bagno, tutta nuda, sicuramente sotto l’effetto dell’erba, e si teneva con un braccio allo stipite della porta in una posa molto seducente, tipo come se stesse posando per la realizzazione di un calendario. Era chiaro che a breve si sarebbe scatenata un’epica gangbang che avrebbe avuto come unica protagonista femminile proprio lei, la mia Sabri. I sei stalloni la circondarono e cominciarono a toccarla dappertutto e a baciarla a turno, e lei si abbandonò letteralmente in mezzo a loro lasciando che facessero quello che volevano del suo corpo. Cominciarono a togliersi gli slip liberando le loro mastodontiche erezioni che scalpitavano per entrare nei buchi di mia moglie. A turno cominciarono a succhiarle le tette; le loro bocche si posarono sui suoi capezzoli quasi in una spasmodica ricerca di latte.
   Guardai in direzione della matrona; guardava la scena divertita ma anche con un pizzico di indignazione. Era felice per i suoi sei stalloncini, ma allo stesso tempo provava una gran pena per mia moglie, che si concedeva in quel modo così indiscriminato, donando i suoi buchi al primo offerente.
   “Mai vista una zoccola così” disse la matrona scuotendo la testa in segno di disapprovazione. “Fate attenzioni a non beccarvi una malattia. Una donnaccia così chissà quante ne ha!”.
   Era mia moglie la donnaccia, capite? Mia moglie ad essere una donna poco raccomandabile, piena di malattie veneree. Santo cielo, cosa stava succedendo alla mia Sabri? Intanto il cuore mi palpitava furiosamente per l’eccitazione. Mi piaceva quello che stavo vedendo. Sabrina circondata da sei stalloni neri coi cazzi in erezione che le ronzavano attorno come api in cerca del fiore da impollinare.
   Ad un certo punto non la vidi più. Vedevo solo loro di spalle, ma la mia Sabri era come sparita. Eppure doveva essere lì, insieme a loro. Poi realizzai; non è che non c’era più, si era solo inginocchiata, e i sei stalloni stavano godendo a turno della sua bocca. Dalla mia postazione da guardone riuscivo solo a vedere la ressa che si era creata intorno a mia moglie che si era messa in ginocchio; potevo solo immaginarla mentre prendeva i loro pali enormi in bocca, uno alla volta. In quell’orgia di corpi che si accalcavano contro la bocca di Sabri si aprì uno spiraglio e finalmente riuscii a vederla; al momento aveva la bocca tutta occupata da una nerchia di dimensioni spaventose, e il proprietario della spranga le stava letteralmente scopando la bocca. Le teneva le mani tra i capelli e le spingeva il cazzo fino in gola con un movimento del bacino che andava avanti e indietro con decisione e sicurezza. Poi lo fece uscire lasciando la bocca di mia moglie libera di accogliere un'altra sventola, la quale non si fece attendere e subito gli si insinuò fino in gola come la nerchia di prima. Insomma, le stavano fottendo la bocca a turno.
   Alla fine Sabri era stremata, quasi priva di sensi, con la saliva e la sborra che gli usciva a fiumi dalla bocca e che le colava tutta sulle tette. Aveva il fiatone e gli occhi rossi; non l’avevo mai vista così e iniziai seriamente a preoccuparmi per la sua salute. Me la stavano letteralmente sfondando. Quanto poteva resistere ancora? Mi dava l’impressione come se non riuscisse neppure a sollevarsi dal pavimento, come se le mancassero le forze. Forse non si rendeva conto di quello che stava facendo, ma loro erano sei, sessualmente potenti come tori, non credo che avrebbe resistito a tanta potenza. Se continuavano di questo passo avrebbero mandato la mia Sabri dritta in ospedale. Ma cosa potevo fare?

Stefano.

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