venerdì 29 maggio 2015

Sexy Shop.

(in foto: Lady Barbara, legsworld.net)


   So che mi sono un pò intrufolata nel blog di Stefano e Sabrina, ma l'ho fatto su loro richiesta. Sono così curiosi di conoscere tutti i dettagli della mia lovestory con Mario che mi hanno chiesto di scrivere una serie di post su questa mia avventura. E io lo faccio volentieri. Ho voglia di far conoscere a tutti quanto lo amo e quanto fosse infantile e forse anche un pò immaturo il mio atteggiamento in quei giorni in cui il nostro amore si consumava. Se questa faccenda vi annoia siete liberi di passare avanti. Non siete obbligati a leggere le porcate che facevo con Mario.
   Ricordo che scrissi una mail a Sabrina. Avevo voglia di raccontare quella storia a qualcuno, e così presi il mio portatile e le scrissi due righe. Lei mi avrebbe capito. Lei di cazzi ne aveva presi tanti, e solo lei poteva capire lo stato di estasi in cui mi trovavo. Mario dormiva, la batteria del portatile aveva l'80 per cento di autonomia, così avevo abbastanza tempo per scrivere a Sabrina tutti i particolari, di quanto era bello Mario, di quanto era grosso il suo cazzo e di quanto era bravo a farmi godere.
   Fuori al terrazzo era buio, però potevo vedere le luci arancioni dei lampioni delle strade, e le lucette azzurre dei televisori nelle case, che brillavano come lucciole. Cosa avrebbero pensato i miei figli di me se avessero saputo quella storia? A Sabrina scrissi anche questo. 
   Matteo era il più grande. Aveva ventisette anni e si era formato una famiglia. Non lo vedevo da alcuni mesi. La moglie era una vipera, e lei pensava la stessa cosa di me. Paola invece aveva venticinque anni e aveva cominciato a frequentare un imprenditore brianzolo, difficile dire se per denaro o per amore. Certo era che le piacevano molto le auto di lusso, i gioielli e i vestiti costosi. Avrebbero trascorso l'estate sulla sua barca con ciurma e vini francesi.
   Ad un certo punto mi addormentai. Avevo inviato la lettera a Sabrina ed ero andata a stendermi sul divano. Mi svegliai alle sette. Mario dormiva ancora, e non si sarebbe svegliato prima di mezzogiorno. Avevo voglia di fargli una sorpresa. Gli lasciai un messaggio, gli scrissi di non preoccuparsi, che sarei ritornata quello stesso pomeriggio. Gli preparai la pasta all’insalata, così non avrebbe dovuto neanche mettersi a cucinare. Avrebbe dovuto soltanto togliere la carta argentata dall’insalatiera e mangiare. Andai alla stazione a prendere il treno per Roma. All’una pranzai in un ristorante piuttosto raffinato della grande metropoli e poi me ne andai di nuovo in giro, fino a trovare quello che cercavo: un sexy shop. Giocattoli per adulti, diceva l’insegna. Il commesso era un ragazzo muscoloso con un maglia nera quasi trasparente, tanto che i suoi capezzoli erano chiaramente visibili. Sembrava a suo agio e mi invitò a dare un’occhiata.
- Cercava un giocattolo in particolare?
- In realtà sarei interessata a della lingerie particolare.
- Signora, sul suo corpo diventerà speciale qualsiasi tipo di indumento – era molto gentile, gli sorrisi e nascosi lo sguardo abbassando la testa. – Deve soltanto scegliere. Vuole una mano?
- Molto volentieri.
   Il negozio era pieno di cianfrusaglie e strumenti del piacere. Lozioni, statuette e preservativi, vibratori anali e vaginali, mascherine e manette di peluche rosa. Mi sembrava di essere nel regno del vizio. C'erano quattro uomini distinti che gironzolavano tra gli scaffali dei film porno, e quando si accorsero di me nascosero la loro faccia dandomi le spalle. Uno diventò tutto rosso e sgattaiolò fuori dal negozio. In pochi minuti la mia presenza aveva creato il panico. Padri di famiglia che cercavano chissà che. Forse il coraggio per comprare alla propria moglie un tanga, per allietare le loro notti spente. Forse un film porno con giovani diciottenni alle prese con grossi omoni neri. Magari non sapevano neanche loro cosa stavano cercando.
   Il commesso era chiaramente gay. Mi portò nella zona del negozio dedicata agli indumenti sexy: c'erano divise da infermiere, lunghi stivali, mascherine (anche qui), autoreggenti, vestaglie trasparenti da notte, corpetti in lattice.
- E voilà – disse. – Il suo uomo le ha confessato di avere qualche fantasia sadomaso?
- No, non credo ne abbia.
- Tutti ne abbiamo.
- Dici?
- Certo. Ha in mente di fargli passare una notte di fuoco?
- In realtà è per un servizio fotografico. Sto cercando di farlo appassionare alla fotografia e allora ho pensato di indossare qualcosa di particolare per l’occasione.
- Ma allora lei, quest’uomo, lo vuole morto – il commesso prese degli stivaloni neri e un corpetto di lattice. – Indossi questi, e vedrà che il servizio fotografico sarà pieno di sorprese.
   Entrai in un camerino e mi spogliai. Ero completamente nuda, mi guardai allo specchio e mi chiesi cosa diavolo stessi facendo. Presi gli stivali in mano e ad uno alla volta li infilai. Cavolo mi arrivavano fin sopra le ginocchia, erano enormi. La tendina non era completamente chiusa, e notai da uno spiraglio che un uomo mi stava spiando. Lui si avvicinò così tanto che sentii il suo respiro affannato. Lo vidi riflesso sullo specchio del camerino, solo il suo occhio destro, spalancato e inquietante. Con una mano si toccò la patta dei pantaloni; al dito medio portava la fede. Aveva si e no la mia stessa età. Decisi di giocarci un pò, così gli feci vedere il culo, allargandomi le natiche e mostrandogli il buco del condotto anale. Poi mi girai e gli feci vedere la figa, allargandola con due dita. Mi stavo divertendo da morire nel vedere quel porco così arrapato, e allora mi infilai in vagina il dito medio, facendolo salire su e giù ben bene, e poi lo tirai fuori, bello carico dei miei umori, e lo avvicinai allo spiraglio della tendina. L'uomo avvicinò la bocca e lo leccò avidamente. Poi spinse un braccio nel camerino e cercò di toccarmi la figa, ma io non glielo permisi.  
- Bella – disse con un filo di voce.
- Vai vai, gira a largo – gli risposi. – Sei troppo vecchio per me.
   Per fortuna arrivò il commesso in mio soccorso.
- Sciò sciò, la signora si sta cambiando. Vecchio maiale.
   L’uomo se ne andò via borbottando e il commesso entrò nel camerino guardandomi da capo a piedi. Si mostrò notevolmente impressionato e non so se lo fece semplicemente come avrebbe fatto ogni buon commesso oppure davvero quegli stivali mi donavano. E comunque vorrei far presente che a parte quegli stivali non indossavo nient'altro. E la cosa mi arrapava un casino. Peccato che al commesso non facevo nessun effetto. Erano ben altri i suoi gusti.
- Ma signora, lei è uno spettacolo – mi disse. - Adesso lasci che l’aiuti a mettere su il corpetto.
   Lo prese con entrambe le mani e me lo mise intorno alla vita. Standomi dietro me lo allacciò. Mi andava strettissimo e il mio seno stava quasi per esplodere fuori oscenamente, glielo feci notare e lui mi rispose che era tutto regolare. Quel genere di prodotto andava indossato in quella maniera.
- E voilà – esclamò una volta finito di allacciarmi. – Che bella signora. Sprigiona un erotismo come solo la Loren sapeva fare.
   Mi guardai allo specchio. Sembravo una vera zoccola.

Maria Stella.

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