mercoledì 29 luglio 2015

Un pacco di soldi.

(nella gif animata: Jesse Jane)


   Fuori allo strip bar era tutto buio e i clienti cominciavano a uscire, e alcuni mi guardarono, mi fecero i complimenti: "sei stata bravissima, brava". E io: "grazie grazie, è stato il mio primo giorno". E loro: "però sei stata brava. Sei bellissima".
   Zio Giuliano mi vide e mi chiese se avevo bisogno di un passaggio, ma io gli risposi che avrei telefonato a Berni per farmi venire a prendere con la macchina. Allora lui mi baciò le guance e se ne andò. Così chiamai Berni, ma non ci fu niente da fare. Aveva il telefono staccato. Ero davvero nei guai, cominciai a chiedermi come avrei fatto a ritornare a casa.
   Vidi andar via le mie colleghe. Jay fu l'ultima ad uscire, e mi chiese come avrei fatto a tornare a casa.
   Che carina, si preoccupava per me. Era molto gentile. Non lo so, in qualche modo avrei fatto.
- Vieni a dormire da me – mi disse. – Abito qui a due passi. Prendiamo un taxi e siamo da me in cinque minuti.
- No grazie, devo assolutamente tornare a casa, sennò i miei genitori si preoccupano. Non vogliono che rimanga fuori tutta la notte.
- Sei un amore. Ecco, prendi il mio numero di telefono. Se non riesci a raggiungere casa, chiamami, che ti vengo a prendere e ti faccio dormire da me.
   E così vidi Jay allontanarsi; un taxi passò a prenderla e non la vidi più. L’ultimo cliente uscì dallo strip bar; un uomo di una cinquantina d’anni. Anzi, forse di più. Forse aveva anche passato i sessanta. Giacca e cravatta, di sicuro un professionista, uno che lavorava, uno che faceva l’amministratore delegato o qualcosa del genere. Uno che stava per tornare dalla moglie che stava dormendo col pigiamone imbottito. Mi guardò, si accese una sigaretta e sorrise.
- Tu sei quella nuova – mi disse.
- Sì, sono quella nuova.
- Beh, complimenti davvero. Non sei niente male.
- Grazie.
- E poi ‘ste Moldave, ‘ste Rumene, hanno un po’ rotto i coglioni. Lavorano con freddezza, con meccanicità, non so se mi spiego.
- Meccanicità?
- Sì, per loro stare nude o stare vestite davanti agli uomini è la stessa cosa. L’importante è che gli dai i soldi. Capisci?
- Sì, capisco.
- È tutta questione di cash. Capisci? Tu invece no. Si vedeva che eri in imbarazzo. Si vedeva che non eri a tuo agio. 
- Eh già.
- Vuoi un passaggio? 
   Non avevo altra scelta. Berni non rispondeva. L'unica cosa che potevo fare era accettare quel passaggio da quello sconosciuto.
- Ok, ma non si metta strane idee in testa. 
   Bella macchina, davvero. L’uomo aveva una bella Mercedes, grigio metallizzato, e dentro era tutta pulita, profumata, con l’alberello profumato che dondolava sullo specchietto. Bella macchina, davvero.
- Una sciocchezzuola – mi disse e con la mano del cambio mi accarezzò una coscia. – Chissà, magari se saprai gestire bene il tuo denaro, un giorno ne avrai una anche tu.
   Sì, chissà. Può darsi. La mano ritornò sul cambio e la macchina andò dritta verso la variante. L’amministratore delegato parlava molto, gli piaceva parlare, e farmi domande, e chiedermi perché avevo deciso di fare quel lavoro, da dove venivo, chi erano i miei genitori, quanti anni avevo. E per quanto nelle mie possibilità cercai di dargli delle risposte molto dettagliate, più che altro per perdere tempo, perché la strada era ancora lunga.
- Diciotto anni? – mi chiese. – Pensa un po’, ho una nipotina della tua stessa età. Certo, lei non si esibisce negli strip bar. Lei è iscritta alla facoltà di medicina.
   Per fortuna eravamo quasi arrivati. Non lo sopportavo più. Vedevo la linea ferroviaria che costeggiava il quartiere dove vivevo. Eravamo quasi arrivati; bastava andare un pochino più avanti ed era fatta, e invece cominciò a rallentare.
- Aspetti un attimo. Cosa diavolo sta combinando? Perché sta accostando qui, in questo spiazzo?
   Le ruote calpestarono il selciato e le foglie secche, facendo scricchiolare tutto. Poi lui spense il motore e mi guardò per qualche istante. Mi sorrise appena, e poi si abbassò la lampo dei pantaloni, facendo venire fuori il suo cazzetto moscio e rugoso.
- Ma cosa fa? Lo rimetta dentro, per carità.
- Che fai, non me lo dai un bacetto della buona notte, prima di rientrare a casa? – mi chiese.
- Non mi sembra il caso.
- Ma come, io ti ho accompagnata fin qui, e questo è il tuo modo di ringraziarmi? Dai, solo un bacetto.
- Ehi, io non le faccio queste cose. Io sono fidanzata - gli mostrai l'anello di fidanzamento che portavo all'anulare della mano destra.
- Ho capito. Cinquanta vanno bene?
- Cinquanta? Cinquanta non so che farmene. Ma neanche cento. Neanche per tutto l’oro del mondo. No no, non se ne parla.
- Duecento?
   Sarei potuta scendere e farmela a piedi, tanto ero quasi arrivata, però la tentazione di provare quella sensazione era davvero forte. La sensazione di darmi via per denaro. Non l'avevo mai fatto, e adesso mi avevano appena fatto una proposta. Cosa si provava a fare un lavoro di bocca per denaro? Ero davvero curiosa di vedere come mi sarei sentita dopo. E soprattutto l'offerta non era affatto male. Duecento euro. Cavolo, quanta roba ci potevo comprare con duecento euro.
- Va bene, però si fa in fretta e poi ognuno per la propria strada.
   Era tutto rugoso e moscio, ma dopo averlo messo in bocca iniziò a diventare duro. Ci volle un pò a dire il vero, ma sono sempre stata molto brava con la bocca. Ci sapevo fare davvero bene, e quindi riuscivo sempre a far alzare tutti i cazzi, anche quelli più timidi. Lui mi mise una mano tra i capelli e mi spinse la testa più giù, fino a farmi entrare pure le palle in bocca. Sentivo che stavo per soffocare, poi finalmente mi lasciò. Avevo le lacrime agli occhi, ma continuai a sbocchinarlo, e lui mi diceva che ero una gran troia. Ad un certo punto sentii il suo cazzo pulsare, stava sborrando, e riuscii in tempo a farlo uscire fuori. Lo masturbai facendolo fiottare copiosamente. La sborra saltò dappertutto, pure sui miei capelli.
- Brava, che bocchinara che sei – sussurrò.
   Mi ricomposi sul sediolino e gli chiesi i soldi. Lui li prese dalla tasca dei pantaloni e me li diede. Prima di lasciare la macchina l’amministratore mi accarezzò il viso, e mi disse che sarebbe stato molto contento di rivedermi. Gli diedi la buonanotte e strinsi le quattro banconote da cinquanta euro nella mano. Con quei soldi e le cospicue mance dei clienti dello strip bar ero carica di denaro. Sapevo di aver fatto una cazzata, soprattutto perchè quello che avevo fatto non era giusto nei confronti di Berni. Ma ero riuscita a mettere su davvero un bel gruzzoletto. L'indomani sarei andata a spararmeli tutti in vestiti e scarpe. Aveva ragione Berni a dire che ero come mia madre. Una gran puttana. 
  
Moana.

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