domenica 18 ottobre 2015

Una mamma severa.

(in foto: Carter Cruise, The Satanic Virgin Sacrifice Of Carter Cruise, HardcoreGangBang.com)


   Non riuscivo a capire cosa fosse successo a Pier Vittorio. Eppure avevo esaudito quel suo desiderio di vedermi fare l'amore. E credo di averlo fatto anche abbastanza bene. E poi quando mi ha detto che era meglio non vederci più non ho capito più niente. Ho avuto un attimo di buio. Mi chiedevo cosa avessi fatto di male. Mi ero comportata come voleva lui. Mi ero pure fatta inculare da quel troglodita, e lo avevo fatto per lui. Cosa voleva che facessi di più? In ogni modo ritornai a casa con mia madre e il toy boy. La mia vita riprese in modo normale, anche se non vi nascondo che continuavo a pensare a lui. Mi piaceva il nostro rapporto. Mi piaceva il suo modo di adorarmi e venerarmi. E mi piaceva farmi vedere da lui nuda, e poi vederlo farsi una sega. Ebbi più volte la tentazione di chiamarlo, per chiedergli di vederci un'altra volta. Quello che c'era tra di noi non si poteva cancellare per colpa di qualcosa che avevo fatto. Ma cosa avevo fatto? In ogni modo non lo chiamai per paura di essere respinta. Pensai che forse mi avrebbe richiamata lui. D'altronde io ero la sua musa ispiratrice di seghe. Lui me lo aveva sempre detto. Non poteva fare a meno di me. Mi avrebbe richiamata?
   Quando tornai a lavoro trovai una spiacevole sorpresa. Zio Giuliano mi disse che i conti dello strip bar non erano in regola, e per riportare l'economia a livelli normali era costretto a tagliare il personale. Una di noi se ne doveva andare. E provate a immaginare chi aveva pensato di mandare via. Sì esatto, proprio me.
- Ma perchè proprio io? - urlai quasi scoppiando a piangere.
- Moana, credimi - mi disse. - Non lo faccio volentieri. Tu sei una delle migliori.
   Andai per l'ultima volta in camerino per salutare le mie colleghe, le quali si mostrarono molto affettuose e cercarono di rincuorarmi dicendomi che quello strip bar non era un posto per una ragazza come me, e che io dovevo puntare più in alto. Cazzate, io ci sarei voluta rimanere. Mi piaceva quel lavoro. Ma non dovevo abbattermi. Lo spettacolo doveva andare avanti. Jay, la mia collega trans, mi prese per mano e mi portò in disparte dove nessuno poteva sentirci.
- Senti Moana, forse non dovrei dirtelo, ma tu sei mia amica e quindi te lo dico lo stesso. Non è per questioni di bilancio che Giuliano ti sta mandando via, ma per colpa di tua madre.
- Mia madre?
   Il giorno precedente mia madre era venuta a parlare con lo zio dicendogli che non le stava più bene che io lavorassi lì. Jay aveva sentito tutta la loro discussione, mia madre sembrava un'indemoniata. Ci mancava poco che gli mettesse le mani addosso. Lui in qualche modo aveva cercato di difendermi dicendole che ero libera di fare quello che volevo, e mia madre si era incazzata ancora di più, e a quel punto gli ha detto qualcosa che Jay non era riuscita a capire molto bene.
- Gli ha detto: "te lo sei dimenticato che Moana è anche tua figlia?". Io non capisco perchè gli abbia detto questa cosa - mi disse Jay. - I conti non mi tornano. Perchè ha detto "tua figlia"? Ovviamente prendi questa cosa col beneficio del dubbio. Magari ho capito male.
- Jay, voglio che mi dici tutto quello che hai sentito. Cerca di ricordare.
- Ha detto: "tua figlia sta prendendo una brutta strada" e poi: "lo sai che tua figlia si intrattiene con un cinquantenne?". Però ti ripeto che forse ho capito male.
   Io invece avevo capito benissimo, e credetemi, non fu facile accettare quella cosa. Avevo diciotto anni e avevo appena scoperto di avere due padri. Giuliano era quello biologico, il mio papà vero. Questo in fin dei conti non cambiò di molto la mia vita, nel senso che era stato Stefano a farmi crescere, era stato lui ad accompagnarmi all'asilo il primo giorno, e forse sarebbe stato lui ad accompagnarmi all'altare quando mi sarei sposata. Nonostante quella scoperta spiazzante una cosa era certa, e cioè che nonostante fossi stata concepita col seme di Giuliano, Stefano sarebbe rimasto il mio vero papà.
   Ricordo ancora il primo giorno di scuola. Mio padre mi aveva accompagnata, e prima di lasciarmi nelle mani delle maestre mi comprò un brik di thè. Quando lo vidi andare via iniziai a piangere a dirotto. Non volevo essere lasciata sola con degli estranei. Volevo lui. Per rincuorarmi bevvi il thè, ma ebbi l'impressione di bere qualcosa dal sapore molto amaro.
   Inoltre mia madre aveva scoperto della relazone che avevo con Pier Vittorio. Non so come avesse fatto a scoprirlo, ma ci era riuscita. E a quanto pare era per lei un motivo di preoccupazione il fatto che io mi vedessi con un uomo di cinquant'anni. Dovette aver pensato che la soluzione migliore era farmi allontanare dallo strip bar, perchè probabilmente era secondo lei un luogo di perdizione.
   Dopo aver salutato le mie colleghe ritornai a casa e decisi di affrontare mia madre. Lei era in cucina e stava sistemando le stoviglie che aveva appena finito di pulire.
- Mamma, perchè mi hai fatto questo?
- Perchè sono molto preoccupata per te.
- Se permetti la mia vita me la gestisco io.
   Mia madre venne verso di me e mi colpì con uno schiaffo sulla guancia così forte che mi tolse la facoltà di parlare. Rimasi semplicemente scioccata per poter reagire, ma senza accorgermene gli occhi mi si arrossarono come se avessi la febbre, come se stessi per scoppiare a piangere.
- Ora basta! Finchè sei sotto questo tetto comando io. E ora vattene in camera tua e vai a studiare. Se non cambi stile di vita finirai per diventare una escort. È questo che vuoi?
   Non avevo la forza di rispondere dopo quello schiaffo.
- Rispondi! - urlò. - Vuoi diventare una escort?
- No - bofonchiai.
- Molto bene. Ora fila in camera tua.
   Era la prima volta che mia madre mi rimproverava in quel modo. Certo, era già successo quando ero bambina, ma in quel caso ci può stare. Ma adesso che avevo diciotto anni quel rimprovero suonava come una bastonata in testa. Era chiaro che da quel giorno mia madre sarebbe stata molto diversa da com'era stata fino allora. Aveva subìto una sorta di mutazione. Basta stronzate. Dovevo rigare dritta.

Moana.

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