giovedì 22 ottobre 2015

Vuoi incularmi?

(in foto: Jasmine Webb, Classy Jasmine, WetAndPissy.com)


   Mia sorella aveva deciso di andarsene per conto suo. Prese una mansarda in affitto, prese la sua roba e se ne andò. Aveva trovato un nuovo ingaggio più redditizio di quello di prima. Credo che avesse preso quella decisione anche per via del fatto che aveva litigato con mia madre. Moana aveva sempre avuto un carattere difficile. Era uno spirito libero, e quello che le aveva detto mia madre ovviamente non poteva che scatenare quella reazione. Moana mi disse che presto avrebbe fatto una festa di inagurazione, per festeggiare appunto la sua indipendenza, e mi aveva invitato, ma la data era da definirsi. Mia madre era furiosa. Diceva che quella di Moana era stata una scelta sconsiderata. Però, aveva aggiunto, lo avrebbe capito presto, quando avrebbe aperto gli occhi e finalmente avrebbe compreso che gli uomini si stavano approfittando del suo corpo per i propri porci comodi.
   Per me comunque non cambiò molto, nel senso che in casa non c'ero quasi mai. Ero sempre in giro. Avevo cominciato a lavorare nella cucina di un albergo. In questo avevo seguito le orme di mio padre. Lui era uno chef, anche molto apprezzato, e io ero un cuoco che si stava facendo le ossa. Ma ero sicuro che presto sarei diventato bravo come lui. Per chi non lo sa c'è una bella differenza tra l'essere chef e l'essere un cuoco. Il cuoco cucina, lo chef comanda il cuoco che cucina. E io ero il cuoco che cucinava, ma per fortuna lo chef che avrebbe dovuto dirigere i lavori era spesso ubriaco. Quindi in pratica avevo la cucina in mano.
   In quel periodo con Laura non andava molto bene, e cominciai a frequentare un'altra ragazza. Ma Laura ovviamente non lo sapeva. Questa ragazza si chiamava Miriam; era etiope. Era arrivata in Italia da piccola con i suoi genitori. Miriam lavorava in cucina con me, ed era bellissima. Me lo faceva venire duro molto spesso perchè portava sempre il perizoma, e quando si abbassava a raccogliere qualcosa, o a prendere una padella in uno scomparto in basso, lo vedevo. Vedevo quella sottile linea di stoffa che finiva in mezzo alle sue natiche. Quella pelle nera, quelle labbra carnose, il culo da modella, i capelli crespi, mi facevano spesso desiderare di passarci una notte insieme e fare l'amore. Me la immaginavo mentre con la bocca mi baciava l'asta, e io che gli infilavo una mano tra i capelli invitandola a prendermelo in bocca, e poi che le sborravo sul viso, copiosamente. Oppure sognavo di leccarle il buco del culo, di aprirle le natiche e tirare fuori la lingua, e leccarglielo per bene il suo orifizio anale. Questi pensieri ce li avevo di continuo.
   Tra me e Miriam si era instaurato un rapporto di amicizia fatto di scherzi e provocazioni. Lei si divertiva a provocarmi, facendo battutine a doppio senso, e io le rispondevo. Era il nostro modo di giocare, e di passare il tempo, altrimenti in una cucina si rischia di impazzire. A Miriam piaceva molto stuzzicarmi con le sue provocazioni, e lo faceva di continuo. Ma se in principio era solo un gioco, dopo un pò diventò qualcos'altro. Tipo c'era una cosa che lei faceva spesso quando io la riprendevo su qualche cosa che aveva fatto di sbagliato. Ad esempio dimenticava di preparare la base per il soffritto e io la riprendevo, e allora lei per sdrammatizzare si metteva a novanta gradi davanti a me e mi diceva: "va bene, ho sbagliato. E ora che vuoi farmi? Vuoi incularmi?". Faceva sempre così. E quando si abbassava io le vedevo il perizoma e la carne delle sue chiappette nere, e mi faceva eccitare un casino, ma la cosa finiva lì. Un giorno però Miriam si era dimenticata di mettere al fornole patate, e io l'avevo ripresa.
- Miriam! E che cazzo. Ti avevo detto di mettere al forno le patate!
- E allora? Ho sbagliato - si mise a novanta davanti a me, e vidi un'altra volta il suo bel culo nero con quel filo del perizoma che le passava tra le natiche. - Cosa vuoi farmi? Vuoi incularmi?
   Quel giorno non mi trattenni, l'afferrai per i fianchi e iniziai a simulare una penetrazione sbattendole il mio cazzo duro contro il culo.
- Sì Miriam, voglio fotterti - dissi. - C'ho una voglia di montarti che nemmeno t'immagini.
- Che fai?! - urlò lei divertita. - Sei proprio un maiale.
   Infilai le dita dentro l'elastico del perizoma e glielo tirai giù insieme ai pantaloni. Lei non si oppose minimamente e allora tirai fuori il cazzo dai pantaloni e glielo misi contro il buco del culo. Bastava solo una spinta per ficcarglielo nel retto. Mi aspettavo da parte sua una forma di resistenza, e invece niente, mi guardò con la coda dell'occhio, quasi come se non aspettasse altro che il mio cazzo dentro.
- E allora? - mi chiese. - Vuoi incularmi oppure no?
- Mimì (era il suo diminutivo, e io così la chiamavo), te lo sfondo questo bel culetto nero!
- E dai, sfonda! Fammi vedere come fai.
   Non riuscivo a capire se stesse scherzando o facesse sul serio, ma decisi di osare, così le diedi una bella sculacciata e poi spinsi il glande dentro il suo buco del culo, ma in quel momento sentimmo la porta della cucina aprirsi, e allora Miriam si tirò su perizoma e pantaloni in fretta e furia, e io rimisi dentro il cazzo duro come il marmo. Ma il discorso era stato solo momentaneamente sospeso. Ormai il treno era partito, e noi ci eravamo sopra, e non potevamo più tirarci indietro. Lei sapeva benissimo che volevo il suo culo. E io sapevo benissimo ormai che lei era ben disposta a darmelo. Bisognava solo stabilire quando sarebbe avvenuta la monta.

Rocco.

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