lunedì 28 settembre 2015

Il torello.


   Il giorno dopo mi svegliai alle sette e uscii nel corridoio. Rocco venne fuori dalla sua stanza e mi palpò il sedere, e io gli diedi uno spintone.
- Tieni giù le mani.
- Dai, diciamo le cose cose stanno, è stato bello. E scommetto che hai goduto anche tu.
- Ti sbagli di grosso. Non ho goduto per niente.
   Proseguii lungo il corridoio e lui mi venne dietro, fino a quando arrivammo in cucina. Qui trovammo nostra madre che stava preparando la colazione al suo giovane stallone da monta. Adesso che c'era luce potevamo vederlo bene, e restammo senza parole. Aveva all'incirca la nostra età ed era bello come un dio. La notte precedente l'avevo intuito che doveva essere molto giovane, soprattutto per l'enorme energia che aveva a letto, ma non avrei mai immaginato che fosse un nostro coetaneo.
- Buongiorno ragazzi - esultò mia madre. - Stavo giusto preparando la colazione per tutti.
- Mamma, chi è lui? - domandai.
- Lui è Lucio. Lucio, loro sono Moana e Rocco, i miei figli.
   Lo stalloncino ci salutò stringendo la mano a entrambi, ma senza dire una parola. Era un tipetto molto taciturno. Noi, d'altronde, non fummo molto espansivi, perché vederlo lì in compagnia di nostra madre, e sapendo benissimo che la notte prima si erano fatti una gran scopata, ci fece sentire molto in imbarazzo. Per fortuna c'era mia madre a rompere quel silenzio che c'era nella cucina. Sproloquiava a raffica. Lo faceva ogni volta che era di buon umore. Si vede che il giovane Lucio la notte prima l'aveva resa davvero felice. Mangiammo le frittelle in religioso silenzio, e intanto mia madre continuava a parlare come una mitragliatrice, dicendoci che oggi l'aspettava proprio una giornata faticosa in negozio e descrivendoci per filo e per segno quello che avrebbe fatto.
   Dopo la colazione Lucio andò via. Nostra madre lo accompagnò alla porta. Quando ritornò da noi io e Rocco eravamo pronti per farle un interrogatorio degno di un film poliziesco.
- Mamma, quanti anni ha? - domandai.
- Ne ha venti.
- Venti? Due più di noi. Potresti essere sua madre.
- Ma cosa vi prende, ragazzi? Ho forse commesso un crimine?
- Dai mamma davvero - disse Rocco, - non ti senti a disagio a frequentare un ragazzo della nostra età?
- Parlate come due vecchi - rispose lei. - Dov'è il problema? Ci siamo conosciuti e ci siamo subito piaciuti. Ecco tutto. Che differenza fa se ha vent'anni oppure settanta. Davvero non capisco.
- E se io mi presentassi a casa con un uomo di quarant'anni, e ti dicessi che è il mio fidanzato? - le chiesi.
- Non vedo dove potrebbe essere il problema.
- Vabbè mamma, abbiamo capito - dissi. - Ti sei fatta il toy boy.
- Ma quale toy boy? Non avete capito niente. Io e Lucio ci vogliamo molto bene.
   A quel punto decidemmo di non dire altro. Se davvero provava qualcosa per quel giovane torello, in fondo non c'era niente di male.
   Quella mattina mi sarei dovuta vedere con mio padre, perché aveva promesso di accompagnarmi a fare l'iscrizione all'università. Ebbene sì, avevo deciso di iscrivermi a fisioterapia. Non è che potevo lavorare allo strip bar dello zio per tutta la vita. Dovevo darmi una mossa e costruirmi un futuro serio. Quando lo dissi ai miei furono entusiasti di quella decisione. Perché proprio fisioterapia? Non lo so di preciso. Forse perché quando avevo quindici anni mi ero rotta un piede cadendo dalla bicicletta, e dovetti fare terapia motoria presso una struttura privata. E provai per i fisioterapisti che mi curarono un certo fascino. Si muovevano nei corridoi dell'ospedale come delle star, e poi erano sempre così cordiali con i pazienti. E con le loro mani facevano delle vere e proprie magie. Insomma, in quei giorni passati in clinica pensai che mi sarebbe piaciuto tanto essere come loro.
   Mi vidi con mio padre in un bar del centro. Era lì l'appuntamento, ma lui non era solo. Era in compagnia di Manuela. Erano davanti al bancone del bar a prendere il caffè e sembravano proprio due innamorati. Manuela guardava mio padre con due occhi accesi dalla passione.
- Ciao papà, ciao Manuela - dissi avvicinandomi a loro.
- Ciao Moana - mio padre mi baciò le guance, e Manuela fece lo stesso.
- Papà mi ha detto che oggi ti iscrivi all'università - fece lei. - Mi fa molto piacere. Sei una ragazza molto in gamba, vedrai che otterrai molti risultati buoni, e darai molte soddisfazioni ai tuoi genitori.
- Grazie.
   Certo, era pur sempre la causa del litigio tra i miei genitori, però Manuela era davvero una donna molto affettuosa e dolce. Su questo infatti non le si poteva dire niente. Dopo esserci salutati lei prese la strada per il negozio, e io e mio padre quella per l'università. In segreteria c'era una fila chilometrica, e toccava prendere un numero e aspettare un eternità che ti chiamassero. Ci mettemmo a sedere su una panchina e mio padre si mise a messaggiare con Manuela, e ogni volta che lei le diceva qualcosa di dolce (o forse di porco, dal momento che era da poco che si frequentavano, e quindi immagino che la voglia di fare porcate era tanta) mio padre sorrideva.
- È una storia seria, quindi - dissi.
- Cosa? - domandò mio padre distrattamente.
- Tra te e Manuela. Non è solo un capriccio. È proprio una relazione importante.
- Non lo so Moana. Sono molto confuso. Non sono mai arrivato a questo con tua madre. Ho davvero paura che siamo ad un punto morto.
- Beh, comunque se ti interessa, anche mamma è molto confusa. Tanto confusa che si vede anche lei con un altro.
- Ah sì? - a quel punto mise via il cellulare per ascoltarmi attentamente. - E chi è?
- È uno stalloncino di vent'anni.
- Vent'anni? Accidenti, se l'è trovato proprio di primo pelo. E... cosa fanno? Voglio dire... quando sono a casa. Cosa fanno?
- Papà, secondo te cosa fanno? Ieri sera la vostra camera da letto sembrava un campo di battaglia.
   Mio padre fece un gran sospiro. Poi finalmente arrivò il mio turno per andare allo sportello e consegnare i documenti per l'iscrizione. Era fatta, a breve sarebbe cominciato un lungo cammino che mi avrebbe portata chissà dove. Forse da nessuna parte, pensai, visto i tempi che correvano. Ma non dovevo scoraggiarmi, sennò davvero non avrei mai fatto un cazzo nella vita.

Moana.

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