sabato 11 aprile 2015

Hell's Kitchen.


   Gli affari all'oasi andavano a gonfie vele e il ristorante era sempre pieno. Per fortuna avevo Tiffany che mi aiutava. Però devo ammettere che avercela accanto, sempre nuda, con quel cazzo perennemente in erezione, era una tentazione molto forte. Non so come faceva, ma ce l'aveva sempre duro come il marmo, e la cucina era abbastanza piccola, e quindi ci intruppavo contro abbastanza spesso. Capitava molto spesso che io ero di spalle, e lei dovesse passarmi dietro, e allora sentivo quella sua proboscide premere contro il mio orifizio anale. Quando avevamo un pò di tempo libero, dopo tutti quegli sfregamenti involontari, allora ci facevamo un pò di coccole, e allora lei mi abbracciava da dietro e mi spingeva il cazzo contro il culo, oppure lo facevo io. Insomma, i nostri cazzi morivano dalla voglia. Un pomeriggio, erano all'incirca le quattro del pomeriggio, calma piatta, ci mettemmo a limonare appassionatamente. La sua lingua mi aveva sempre dato dei forti brividi, e sentirla contro la mia mi arrapava un casino, per non parlare del sapore della sua bocca. Avevamo i cazzi durissimi uno contro l'altro, poi Tiffany mi mise le mani sulle spalle e mi fece girare, ora ero di spalle, e con una mano mi fece abbassare con il busto sul mio tavolo da lavoro. Avevo già capito quali intenzioni aveva, e non mi dispiaceva affatto. Le mie natiche erano aperte e il suo cazzo era bello dritto, pronto per entrare. Quella cosa lì non l'avevamo mai fatta. Cioè, io avevo avuto altre occasioni di praticare il sesso anale passivo, ma mai con un cazzo di quelle dimensioni. Se ben ricordate lo avevo fatto con Franco, e poi anche con Sabrina con indosso uno strap-on, ma con Tiffany era davvero la prima volta. E a raccontarlo è difficile, ma davvero aveva il cazzo più grosso che avessi mai visto. Ebbi un pò di paura.
"Che fai?" gli domandai.
"Stefano, io ti amo e mi piacerebbe portare il nostro amore ad un livello successivo".
   Tiffany mi teneva fermo il busto sul tavolo con una mano e con l'altro aveva cominciato a sfregare il suo glande contro l'ingresso del mio condotto anale.
"Lo vorrei anche io ma... ho paura che tu possa farmi male. Cioè, voglio dire, guarda che sventola che c'hai".
   Allora prese una bottiglia d'olio sul tavolo e fece scivolare un rivolo sul mio culo e con il glande lo spalmò per bene sul mio buchetto, e poi si fece strada dentro. Solo il glande sembrava grande quanto una pallina da tennis ed ebbe non poche difficoltà a entrare, ma una volta dentro scivolò fino in fondo in tutta la sua interezza, fino ai coglioni. Poi Tiffany mi prese con decisione per i fianchi e cominciò a scoparmi. Lo sentivo ansimare come in preda ad una crisi respiratoria, era arrapato come un toro e ogni tanto mi schiaffeggiava il sedere. Dio, che stallone da monta! Cominciammo a sudare da far schifo per via del calore che c'era in quella maledetta cucina, e anche per l'intensità della scopata. E ad ogni nostro movimento, dal bancone da lavoro su cui stavamo facendo l'amore, si alzava un polverone di farina che si attaccava sulla nostra pelle. Tiffany era un treno, sentivo il suo cazzo salirmi su per il retto, e mi mancava il fiato per dire qualsiasi cosa. Scopava che era una bellezza. Non si fermava mai. E io ero lì, sotto di lei, che pensavo: "adesso ci siamo, sono sicuro che sta per sborrare". E invece continuava a spingere il suo bacino avanti e indietro, e il suo cazzo entrava e usciva nella sua interezza, e i suoi coglioni carichi sbattevano contro i miei. Stavo per ricevere un sensazionale orgasmo anale, e praticamente ero mezzo stordito, e nonostante questo Tiffany continuava la monta in maniera sempre più decisa. Iniziai a sborrare e il mio seme finì sul pavimento, poi toccò a Tiffany che cominciò a gridare di piacere e il ritmo delle sue spinte diventò impressionante, e sentii il suo seme inondarmi il corpo, caldo e abbondante. Poi si acquietò, sfilò il cazzo dal mio retto e si avvicinò con le tette alle mie spalle. Aveva il respiro affannato e mi abbracciò da dietro. Sentivo il suo cazzo che perdeva consistenza contro il mio buco del culo oscenamente aperto.
"Adesso siamo qualcosa in più che due semplici amanti" mi sussurrò.
   Tentai di rialzarmi, ma c'avevo il culo che mi faceva un male cane. Lei me lo colpì con uno schiaffo e mi sorrise.
"Non ti preoccupare, culetto d'oro, ti ci abituerai".   

Stefano.

 

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