lunedì 9 luglio 2012

Lasciarsi da buoni amici

Finalmente quei rompiballe erano andati via… Quel Raul, con suo padre, avevano attirato un po’ troppe attenzioni, ed io odio finire dietro il palco a tirare il sipario. Odiavo che Sabrina se lo fosse scopato e lo avesse desiderato così tanto. Perfino mia madre si dava da fare con quello stronzetto, anche se provava a dissimularlo (molto poco in realtà). Mi ero preso almeno una bella rivincita facendo notare a mia madre cosa stesse succedendo, al bagno a mezzanotte, quando Stefano, Sabrina e Raul si erano appartati…

Al ritorno dalla mia piccola vendetta su Sabrina, incontrai di nuovo Gemma. Mi aspettava fuori la nostra villa, dentro una squallida utilitaria. Aveva gli occhi gonfi e lucidi, sembrava disperata. Da quando mio padre aveva smesso di sollazzarsi con lei e io l’avevo mollata, non se la passava molto bene. Aveva venduto molti dei regali di mio padre per pagarsi l’affitto e tutti i suoi vizi. Piano piano aveva abbandonato i vizi e aveva dovuto cercarsi un lavoro, ma la poveretta non era in grado di fare nulla, quindi faceva la cameriera in un fast food per pochi dollari l’ora. Essì, dalle stelle alle stalle. Ma se l’era cercata.

Quando mi vide tornare mi corse incontro. Aveva smesso di fare la stronza, la superiore, ora era disposta a qualsiasi cosa pur di riavermi, di riavere i miei soldi. La salutai con indifferenza.

“Ciao Gemma, che vuoi?”

“Amore… amore mi manchi” disse scoppiando in lacrime.

“Io? Ti manco io? Riformula, cosa ti manca?”

“Tu… lo giuro” disse cercando di afferrarmi un braccio.

La scacciai a malo modo e presi a camminare verso la mia villa “Finché continuerai a mentirmi, è meglio se non mi parli”.

“D’accordo” intervenne subito correndomi dietro “Mi mancano i soldi, i tuoi bellissimi soldi… Mi manca stare con te e vivere alla grande. Ti prego, riprendemi con te… Giuro che non andrò con nessun altro ma tu… tu potrai andare con chi vuoi!”

La guardai per un attimo. Come si era ridotta in basso. Feci di segno di no con la testa e mi voltai. Mi afferrò una mano, inginocchiandosi al suolo.

“Ti prego non puoi lasciarmi così… Non posso vivere così…”

“Hai un appartamento, hai una macchina, hai da mangiare… Non mi sembra che te la cavi male”

“Ma io non sono nata per questa mediocrità, per questa banalità… Il popolino vive così… Io merito di più… E tu lo sai… Noi siamo diversi da quegli squallidi che passano una vita a lavorare, a spaccarsi la schiena, per non avere niente più di una triste sopravvivenza… Noi la vita ce la godiamo… E insieme ce la godevamo tanto vero?”

La guardai incuriosito. Quanta arroganza, perfino ora che era in ginocchio, a implorarmi di riprenderla.

“Ti supplico” continuò per poi tirare fuori uno sguardo da gatta in calore che non le avevo mai visto “Farò qualsiasi cosa vuoi… Qualsiasi”.

Accettai. La feci entrare, trattandola con consueto distacco, guardandola sott’occhio, attirandola verso camera mia “Vediamo cosa sei disposta a fare”.

“Tutto” rimarcò lei. Ebbi modo di scoprire che non mentiva.

Una persona che vive solo per i soldi, cosa è disposto a fare per non perdere il proprio status? Era un esperimento divertente che avevo intenzione di fare.

La spinsi sul mio letto e le ordinai di spogliarsi. Io mi sedetti sulla poltroncina della mia scrivania a guardarla. Improvvisò per me uno spogliarello davvero eccitante. Sfilò i jeans con lentezza, quindi slacciò la camicetta un bottone alla volta, dimostrando di indossare un completo intimo mozzafiato. La sua pelle abbronzata ricalcava con forza i contorni di un perizoma e di un reggiseno bianco di pizzo. Poi slacciò il reggiseno e lo lasciò cadere al suolo. Si leccò due dita e iniziò a giocherellare con un capezzolo. Non aveva mai fatto nulla del genere prima.

La cagna era brava, me lo stava facendo venire durissimo. Lo sentivo esplodere dentro il costume da bagno che ancora indossavo, e lei sembrava essersene accorta. Si sfiò anche lo slip e si sedette sul letto a cosce spalancate, massaggiandosi il clitoride e iniziando a bagnarsi.

“Lo vedo che ti piaccio ancora amore mio” mi disse.

“Sai cosa sei?” le domandai con tranquillità, anche se il mio cazzo tradiva una fortissima eccitazione per ciò che vedevo e per ciò che avevo in mente.

“Sono la tua donna…”

“No. Sei solo una cagna”

Lei fu presa in contropiede, ma subito sorrise e aggiunge “Posso essere la tua cagna?”.

Era disposta ad umiliarsi così? Una che fino a qualche tempo prima mi faceva sudare anche solo per una scopata, ora voleva essere la mia cagna. Ma non era abbastanza.

“Dipende… Ora sei solo una lurida cagna, dopo una ripulita potrai essere mia”

Detto ciò le feci cenno di seguirmi e lei ubbidì. La portai in bagno e la misi sotto la doccia. Aprì bene gli sportelli della cabina e mi sedetti su di uno sgabello proprio davanti. Afferrai il braccio doccia.

“Apri l’acqua, gelida” ordinai.

Lei titubò. Iniziò forse a temere le mie intenzioni. Ebbe un attimo di incertezza, quindi accettò. Il getto d’acqua gelida, al massimo, esplose dal braccio doccia e la colpì sulle cosce. Emise un breve gridolino mentre cercava di tirarsi indietro, in un angolo, per sottrarsi al getto gelato.

“Dunque cagna… Lo hai mai preso in bocca da qualcun altro mentre eri con me?”

Lei mi guardò, preoccupata, sembrava un animale in trappola. Alla fine si decise e annuì.

“Allora piegati e apri la bocca”

Appena eseguì la mia richiesta, indirizzai il flusso d’acqua proprio sulla sua faccia e sulla sua lingua. Resistette per alcuni attimi, quindi si tirò indietro.

“No no… finché non lo dico io devi stare ferma… E l’hai preso nel culo?”

Ancora, titubante, annuì.

“Allora mettiti a pecora, a quattro zampe”

Lentamente si inginocchiò nella doccia e si poggiò sulle proprie mani, quindi ruotò fino a rivolgermi il suo culo. Nuovamente la lavai col getto gelido. Anche adesso emise un gridolino di dolore, per il freddo gelido che iniziava ad avvolgere tutto il suo corpo.

“E di un po’” proseguii “Lo hai preso anche nella figa”

“Si…” disse questa volta.

“Allora siediti con le cosce ben larghe”

Si sedette, poggiando il culo gelato dall’acqua sul marmo del piano doccia. Quindi lentamente aprì le gambe. Aveva un certo spavento negli occhi.

“Lorenzo…” provò a dire, ma il getto d’acqua letteralmente la gelò. Prese in pieno la sua vagina. Cercò di tirarsi indietro, aggrappandosi alle maniglie dell’acqua. Così facendo ruotò la levetta fino a bollente. In pochi attimi un getto d’acqua caldissimo iniziò ad investirla, proprio tra le gambe. Le sue urla crebbero e, mosso a compassione, abbassai il getto.

Mi guardò spaventata, ma poi subito mi sorrise.

“Mi hai lavato per bene… Sono la tua cagna ora vero?”

“Si…” le risposi, e mi tirai già il pantaloncino, mostrando un cazzo duro e gonfio, pronto per scopare.

Subito Gemma uscii dalla doccia e si inginocchiò davanti a me, iniziando a succhiarmi il cazzo con una vemenza che non riconoscevo in lei. Per un attimo fu triste rendermi conto di cosa era disposta a fare per il denaro… Ma poi decisi che non era un mio problema.

Me lo succhiò per alcuni minuti, prima che io mi rendessi conto che dovevo fare pipì. Lei me lo teneva tutto in bocca, mentre con una mano si toccava il clitoride, eccitandosi. Non era mai stata così presa con me. Chissà, forse stava immaginando di succhiare una banconota da 500 euro…

“Voglio pisciarti addosso cagna” le dissi.

“Si… pisciami addossso… Sono la tua lurida cagna… Sono tua… Tua… Fai di me ciò che vuoi…”

Ormai era andata oltre ogni limite e non si scompose più di tanto quando mi lasciai andare. Dal mio cazzo dritto iniziò a uscire un forte getto di urina che le colpì in pieno il volto, per poi colare sul corpo abbronzato, sui suoi seni, fin tra le sue cosce. Si fece colpire in pieno, senza sottrarsi, sorridendo e guardandomi compiaciuta.

“Potrai farmi sempre quello che vuoi… Adoro la tua piscia… Pisciami addosso per sempre” continuava a dirmi.

Quando finalmente finii di pisciare, lei riprese a succhiarmelo con passione e voglia. Un attimo dopo la presi per i capelli e la feci inginocchiare sul tappetino nel mezzo del bagno, mettendola a quattro zampe.

“Dai Lorenzo, mettimelo in culo, ti supplico” mi implorò.

Non l’avevo mai vista fare così. La odiavo. Odiavo il modo in cui era stata con me solo per soldi. Odiavo che si rifacesse viva solo per i miei soldi. Odiavo anche il fatto che Sabrina si fosse fatta Raul, anche se non c’entrava nulla. Tutto quell’odio lo infilai nel culo di Gemma, senza delicatezza, senza cercare di essere gentile. Infilai il mio cazzo con forza nel suo ano non ancora pronta, facendola gemere di dolore, quasi urlare. Si aggrappò sul tappetino, stringendolo con forza.

“Lorenzo… Si… Lorenzo…” mi diceva si, ma il suo tono urlava “no”.

Era lì, a pecora davanti a me, sporca di piscia, trattata come uno straccio, inculata dolorosamente, e ancora mi implorava di entrare in lei.

“Ti faccio male?” le domandai con una voce cattiva, che non sapevo di avere dentro.

“Si… mi fai malissimo! Non smettere! Mi stai distruggendo!” sembrava indemoniata.

Il mio cazzo gonfio continuava ad entrare e uscire dal suo culo, con violenza e forza. Sentivo la sua carne intorno alla mia, allargarsi e restringersi. Alla fine venni. Le sborrai nel culo tutto il mio odio e il mio rancore. La riempii mentre lei continuava a gemere, supplicandomi di continuare.

“Ti è piaciuto?” mi domandò lei alzandosi in piedi.

Il suo corpo grondava ancora piscia e dal suo culo iniziava a fuoriuscire lo sperma, per colarle lungo le cosce.

“Vatti a rivestire” risposi.

Corse in camera mia e indossò i suoi abiti, senza curarsi di lavarsi, di ripulirsi, sporcando la sua maglietta di piscia e i suoi jeans di sperma. Quando tornò da me mi ritrovò nudo, in salone.

“Quanto guadagni all’ora?” le domandai con disinteressa.

“8 euro… Non credi sia una ingiustizia? Forse dovrei venire a vivere da te…”

Le lanciai 50 euro addosso.

“Sei stata solo un’ora, ma i restanti 42 sono di mancia. E ora non farti più rivedere”

Lei scoppiò a piangere. Si chinò, afferrò i soldi, e scappò via. Proprio in quell’istante tornarono i miei, giusto in tempo per incoricarla correre lungo il corridoio, in lacrime.

“Che è successo?” mi domandò mia madre facendo capolino nel salone, lo stesso dove ci avevano trovato a scopare, qualche tempo prima.

“Io e Gemma abbiamo chiarito, e ora ci siamo lasciati da buoni amici, senza rancori”

Guardando mia madre, vestita con abiti succinti, non potetti fare a meno di ricordarmela nuda, in spiaggia. Il mio cazzo ebbe un sussulto e iniziò a rigonfiarsi, di nuovo. Ero nudo, mi era quasi passato di mente, e lo sguardo di mia madre non poté non soffermarsi sul mio pene.

“Ne sono contenta Lorenzo… Ora vado a farmi una doccia per togliermi la salsedine, vuoi venire a raccontarmi di cosa avete parlato intanto?”

Mi stava davvero invitando a guardarla farsi la doccia?

Lorenzo

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